Un messaggio importante è partito da Seminara. Non per il numero, ma per le idee di libertà e giustizia che sono arrivate. Le testimonianze di donne che hanno subito violenza, di ragazze che hanno deciso di dire basta perché il silenzio ha ucciso più delle violenze e degli abusi che le ragazze di questo paese hanno subito. E con buona pace di chi cerca di dare colpe a un gruppo di ragazze coraggiose, c’è invece chi, dalla parte degli adulti, ha dato un messaggio concreto scegliendo di esserci, nonostante tutto. Così, fondamentale, è stata la presenza del procuratore del tribunale di Reggio Calabria Stefano Musolino, che dal palco, insieme a quel gruppo di ragazze che in poco tempo hanno cercato di iniziare un percorso di cambiamento (almeno loro ci stanno provando con i fatti e non con le parole), ha dato loro speranza e fiducia. Lo Stato non le ha lasciate sole e il procuratore lo ha testimoniato con il sorriso di chi sa che quella piazza semivuota è l’inizio di una rivoluzione culturale che parte dal basso.

Un messaggio di libertà

«Io non mi farei un problema di numeri. Il vero fatto importante è venire qui e dire queste cose. Anche se ci sono serrande chiuse e gente che fa finta di non voler ascoltare. Ma è proprio questo stesso atteggiamento, così evidentemente — in apparenza — disinteressato rispetto a questa manifestazione, che ci dice quanto, invece, questa manifestazione abbia colto nel segno. Quanto, cioè, sia riuscita a intervenire in un posto dove c'è bisogno che si dicano alcune parole, che sono parole di liberazione, parole di un futuro diverso da quello di isolamento e povertà che questi luoghi conoscono».

Sono parole gentili che infrangono il muro di silenzio e omertà che si crea quando si parla di violenza. Ma per cambiare le cose, il procuratore lo ha detto chiaro «bisogna trovare il coraggio di venire qui, di parlare in piazza, anche se sembra che ci sia il vuoto. Ma non è importante, perché le parole restano, e alcuni gesti sono più importanti quando vengono fatti laddove possono apparire meno accolti, ma dove magari ci sono orecchie che non vedono l'ora di ascoltare. Orecchie che vogliono trovare momenti di liberazione da situazioni di segregazione o, comunque, di emarginazione. È stata una bella occasione».

«Non abbiate paura»

E questa occasione ha dato anche il modo di lanciare un messaggio a delle ragazze giovanissime del liceo, che con resilienza hanno deciso di esserci e di iniziare un percorso. Impareranno dagli errori anche loro, come è giusto che sia. Forse un po' spaventate, ma da oggi, anche con la forza dello Stato, magari si sentiranno meno sole. Ecco, a questi giovani, soprattutto ai ragazzi, Musolino ha lasciato un messaggio importante: «Non abbiate paura. Di non sentirsi più soli, anche se può capitare di sentirsi isolati. È stranissimo che oggi non ci fosse nessuno, nemmeno — diciamo — quelli che pedagogicamente dovrebbero essere i più vicini all’esigenza di recuperare la dignità delle persone. Mi riferisco alla Chiesa, alle associazioni cattoliche, alle associazioni politiche. Tutto questo isolamento dice molto. Però dice anche del coraggio di queste ragazzine, che hanno scelto di venire qui nonostante tutto. E questo, nonostante l’isolamento, è un grande segno di speranza per tutti noi. Dobbiamo incoraggiarle, dobbiamo farle sentire sempre meno sole».

Da qui è arrivato anche un messaggio brutto, a livello nazionale. Chi ha parlato a favore di telecamera ha detto che “la vittima se l’è cercata”, che “la gonna era troppo corta. Sono state costrette ad andarsene. Si rischia di far passere il messaggio che scappare — aver trovato come soluzione quella di scappare — sia stata una vittoria. È possibile ancora dover ammettere questa sottocultura?

«È triste doverlo ammettere. Però soltanto prendendo atto di quello che siamo, possiamo fare dei passi in avanti. Se invece facciamo finta di essere soltanto delle vittime del tempo, se diamo tutta la colpa alla cattiva sorte, se diamo tutta la colpa fuori di noi, faremo fatica a venirne fuori. Certo, le povertà e l’isolamento sono un fattore. E combattere la povertà e l’isolamento è uno degli strumenti più importanti che ci siano. Però, accanto a questi — che sono cose che non dipendono da noi — c'è anche molto che dipende da quello che noi possiamo fare. E da questo punto di vista, questa è una bellissima soluzione».