Morto il pentito Francapane, era il sicario della cosca Tegano di Reggio Calabria

Ai pm ha raccontato alcuni retroscena dello scontro tra i De Stefano-Tegano e la cosca Condello facendo luce su molti omicidi consumati negli anni ottanta e novanta. La famiglia chiede l'autopsia

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di Redazione
10 gennaio 2021
15:15

È morto, prima di Natale, il collaboratore di giustizia Giovanbattista Fracapane. La notizia - data con il "condizionale" dal massmediologo Klaus Davi - è stata confermata all'Ansa. Il decesso, secondo quanto si è appreso, è avvenuto il 16 dicembre scorso per cause naturali nella località protetta in cui l'uomo viveva.

Chi era Francapane

Non sono state avviate indagini. Fracapane era un sicario della cosca Tegano di Reggio Calabria ed è stato un protagonista della seconda guerra di mafia che ha insanguinato la città dal 1985 al 1991 con centinaia di morti. Responsabile di molti omicidi consumati in quel periodo, l'ex killer del quartiere Archi è stato anche latitante prima di essere arrestato. Nel 2004 ha iniziato a collaborare con la giustizia.


Ai pm ha raccontato alcuni retroscena dello scontro tra i De Stefano-Tegano e la cosca Condello facendo luce su molti omicidi consumati negli anni ottanta e novanta. Ma ha parlato anche delle simpatie politiche della 'ndrangheta. Recentemente, infine, ha reso dichiarazioni per fare luce sull'omicidio di Giuseppe Cartisano, un cold case del 1988 per il quale è stato condannato a 30 anni Vincenzino Zappia, il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.

La famiglia chiede l’autopsia

Il decesso sarebbe avvenuto circa un  mese fa, ma, secondo quanto riporta il sito "la Nuova Calabria", è stato comunicato ai suoi familiari solo nelle scorse ore. Tanto da far sorgere dubbi tra i fratelli del pentito che hanno già dato mandato all’avvocato Claudia Conidi di procedere all’accertamento per via giudiziale, sollecitando la Procura competente a disporre l’autopsia, finalizzata ad accertare che si possa procedere alla verifica medico-legale delle cause del decesso.

 

Secondo la penalista, «è davvero strano che le voci correnti in ambienti della 'ndrangheta circolino così disinvoltamente in questi dolorosi frangenti, al punto da arrivare alle orecchie dei giornalisti, che, per loro mestiere, le rivelano ai più. Tra questi, però, vi sono anche i parenti del defunto, che, forse, meriterebbero comunque il loro rispetto, soprattutto nel far accertare, attraverso l’esercizio sacrosanto di un loro diritto, le cause della morte di un loro parente».

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