Il patto

‘Ndrangheta a Cosenza, così nacque la confederazione dei clan in città: «Accordo siglato in un sottoscala»

Secondo il racconto dell'ex capo degli zingari oggi pentito Franco Bruzzese l'incontro tra i capi delle cosche avvenne nel 2011 a Rende dove si nascondeva Ettore Lanzino, all'epoca latitante

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di Antonio Alizzi
21 novembre 2022
07:50
Il centro storico di Cosenza
Il centro storico di Cosenza

Dal primo “summit di mafia” del 2006 a quello del 2011. La presunta confederazione mafiosa a Cosenza ha vissuto vari momenti. La prima parte è stata raccontata dal collaboratore di giustizia Ernesto Foggetti, di cui abbiamo dato conto in un altro servizio, ora tocca all’ex capo società del clan “Rango-zingari”. Parliamo di Franco Bruzzese, mandante dell’omicidio di Luca Bruni. «L’accordo tra zingari e italiani fu suggellato nel novembre del 2011 allorché mi recai a trovare Lanzino, all’epoca latitante, a Rende nel sottoscala di un palazzo, dove oltre a Lanzino, vi erano presenti anche per gli italiani Umberto Di Puppo, Francesco Patitucci e altri due di cui non ricordo il nome. Come facenti parte degli zingari c’eravamo io e Maurizio Rango»

«In quella sede, ciò era stato già discusso con Patitucci, la federazione con il clan degli italiani, ossia il clan Lanzino, ebbe suggello definitivo con la presenza del latitante Ettore Lanzino. All’incontro avrebbe dovuto partecipare anche Franco Presta di Tarsia, anch’egli latitante, ma non vi prese parte. In quella sede ci si accordò di creare una bacinella in comune nella quale sarebbero dovuti confluire tutti i proventi delle attività illecite dell’ormai gruppo confederato e vi sarebbe dovuta essere una ripartizione al 50 per cento, ossia 50 per cento agli zingari e 50 per cento al gruppo Lanzino».


Bruzzese poi aggiunge: «Rappresento che però in un momento successivo si recò presso la mia abitazione Umberto Di Puppo, egli mi portava un messaggio di Ettore Lanzino, il quale mi mandava a dire se era possibile che il gruppo degli italiani potesse beneficiare del 60 per cento dei proventi della bacinella poiché si trattava di un gruppo numeroso del quale facevano parte anche gli appartenenti al clan Chirillo di Paterno Calabro e i Presta di Tarsia. Io acconsentii a tale richiesta». E ancora: «Patitucci mi diede un elenco di soggetti che erano sottoposti ad estorsione da parte degli italiani, in modo tale che anche il nostro gruppo fosse informato di questo tipo di affari e, comunque, le estorsioni dell’uno e dell’altro gruppo, diventò una vicenda unitaria e andavamo insieme».

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