Ha scelto di non rispondere alle domande del gip oggi, Daniel D'Alessandro, detto “Bellebuono”, arrestato l'11 aprile per l'omicidio dello storico capo ultrà interista Vittorio Boiocchi, ammazzato a colpi di pistola il 29 ottobre 2022 sotto casa a Milano. Il 29enne era stato bloccato in Bulgaria su mandato d'arresto europeo.

È stato consegnato all'Italia nei giorni scorsi e stamani è stato interrogato dalla giudice Daniela Cardamone nel carcere milanese di San Vittore, assistito dall'avvocato Daniele Barelli.

Gli arresti per l'omicidio Boiocchi erano arrivati in uno dei filoni della maxi inchiesta sulle curve di San Siro con ordinanza che ha riguardato anche l'ormai ex collaboratore ed ex leader della curva Nord Andrea Beretta, che ha ammesso di essere stato il mandante dell'uccisione per l'affare del merchandising e altri business.

Oltre a D'Alessandro, presunto esecutore materiale (sarebbe stato lui a sparare) con Pietro Andrea Simoncini, considerato dagli inquirenti legato alla 'ndrangheta, davanti alla gip si erano già avvalsi della facoltà di non rispondere tutti gli arrestati, di cui ha parlato Beretta nei verbali, con riscontri poi acquisiti nelle indagini della Squadra mobile della Polizia.

Tra loro Marco Ferdico, che era nel direttivo della Nord, e il padre Gianfranco - a cui Beretta presunto mandante, come messo a verbale, avrebbe dato 50mila euro per l'omicidio - e anche Cristian Ferrario, che si intestò lo scooter usato dagli esecutori. Non è escluso, però, che qualcuno possa decidere di rendere interrogatorio coi pm.

D'Alessandro, come spiegato dal suo difensore, non ha reso mai dichiarazioni sui fatti e continua «allo stato a seguire questa linea». La difesa ha precisato che si «riserva la visione completa degli atti» e che seguirà «l'evoluzione del procedimento».

D’Alessandro sarebbe stato, sempre secondo le rivelazioni di Beretta, la talpa che ha permesso al capo ultrà pentito di scoprire il piano orchestrato da Antonio Bellocco e Ferdico per ucciderlo e prendere il suo posto nella gestione del merchandising dell’Inter legato agli affari della Curva Nord. Bellocco, rampollo del clan di ’ndrangheta di Rosarno, aveva scalato la tifoseria proprio dopo l’omicidio di Boiocchi proprio per difendere il gruppo di Beretta e Ferdico dalle ingerenze di altre frange ultrà. I tre erano riusciti a conquistare il comando della Nord nerazzurra prima che dissidi sugli affari criminali li dividessero. Da lì il progetto di eliminare Beretta, la scoperta del piano grazie alle soffiate di D’Alessandro e la morte di Bellocco durante un chiarimento con l’ex socio a Cernusco sul Naviglio.