‘Ndrangheta e politica, Alessandro Nicolò deve rimanere in carcere

La Cassazione rigetta il ricorso dell’ex consigliere regionale accusato di associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria denominata “Libro nero”

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di Consolato Minniti
11 marzo 2020
19:36
L’ex consigliere regionale di FdI Alessandro Nicolò
L’ex consigliere regionale di FdI Alessandro Nicolò

L’ex consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Alessandro Nicolò, deve rimanere in carcere. Lo ha deciso la seconda sezione della Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso del politico reggino, condannandolo anche alle spese processuali.

Nicolò era stato arrestato lo scorso luglio nell’ambito dell’inchiesta “Libro nero”, con l’accusa di essere affiliato alla cosca Libri, egemone nel territorio di Cannavò, a Reggio Calabria. Secondo la tesi della Dda di Reggio Calabria, l’ex consigliere avrebbe favorito, in cambio di appoggi elettorali, gli obiettivi della cosca, al cui vertice vi sarebbe Filippo Chirico, genero del boss defunto Pasquale Libri, già condannato a vent’anni di reclusione nell’inchiesta Theorema-Roccaforte.


 

Le accuse a Nicolò

Secondo il gip, la messa a disposizione di Nicolò avrebbe rafforzato il proposito criminoso della cosca e le sue potenzialità operative. Il suo sarebbe un ruolo dinamico e funzionale, così come emerge tanto dalle intercettazioni degli altri affiliati, quanto dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Aiello e De Rosa. Secondo il gip Nicolò è il soggetto scelto dai vertici della cosca Libri per curarne gli interessi in seno agli organi di governo. Un colletto bianco che – ribadisce il giudice nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare – scende a patti con la mafia ed è tenuto a rispettarli. Anche a dispetto di quanto accaduto in passato, quando quelle stesse persone, secondo alcuni soggetti intercettati, gli uccisero il padre il cui cadavere non fu mai ritrovato.

 

La difesa di Nicolò

L’ex consigliere si era difeso già in sede di interrogatorio di garanzia. Come rimarcato dal suo legale, Corrado Politi, Nicolò, in quell’occasione «si è difeso con documenti alla mano». In primis, il consigliere regionale aveva contestato l’interpretazione e la ricostruzione di alcuni episodi, come quello relativo al rapporto con Repaci, nei termini in cui è stato prospettato dall’accusa. Ma il politico si era anche soffermato sulla vicenda che lo avrebbe visto protagonista con Franco Chirico. In questo caso, Nicolò ha contestato l’episodio con riferimento all’interlocuzione fra Amedeo Canale e Paolo Romeo, così come la Dda l’ha prospettata.

Quanto alla cena elettorale, l’esponente di Fratelli d’Italia (che lo ha subito allontanato) aveva potuto contare sulle dichiarazioni del proprietario dell’agriturismo “Le Agavi”, il quale, sentito a sommarie informazioni testimoniali, aveva detto di non poter escludere in assoluto che vi sia stata una cena elettorale, ma che se questa fosse avvenuta, per di più alla presenza di Nicolò, se ne sarebbe sicuramente ricordato.

Quanto alla morte del padre, Nicolò aveva riferito ai giudici di essersi sempre attivato per ottenere la verità su quell’episodio, anche confrontandosi sistematicamente con il comandante della stazione carabinieri di Cannavò.

Tesi difensive che non hanno retto al vaglio del Riesame ed ora neppure della Cassazione. Per l’ex consigliere regionale si prospetta dunque un lungo periodo di carcerazione preventiva.

Giornalista
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