‘Ndrangheta, tremano i clan del Vibonese. C'è un nuovo collaboratore di giustizia

Salvatore Stambè di Sant’Angelo di Gerocarne ha iniziato a vuotare il sacco con i pm della Dda di Torino. E’ fratello di Domenico Stambè, ucciso a Sant’Angelo di Gerocarne il 4 marzo del 2017

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di G. B.
2 marzo 2019
09:11

Ha iniziato a collaborare con la giustizia Salvatore Stambè, 42 anni, di Sant’Angelo di Gerocarne, residente in provincia di Asti e coinvolto nell’operazione antimafia denominata “Barbarossa” della Dda di Torino, scattata nel maggio dello scorso anno. Si tratta del fratello di Domenico Stambè, classe 1962, l’autotrasportatore ucciso a Sant’Angelo di Gerocarne il 4 marzo del 2017.

Un delitto sul quale indagano i carabinieri di Vibo Valentia e Serra San Bruno, che – grazie alla sinergia con i colleghi piemontesi – potrebbero ora fare definitiva luce grazie alle dichiarazioni di Salvatore Stambè.


Già l’inchiesta “Barbarossa aveva tratteggiato le tensioni tra la vittima e gli stessi congiunti in seno alla società mafiosa di Asti.  All’origine, secondo l’inchiesta, un’aggressione che Angelo Stambé, fratello di Domenico del nuovo collaboratore di giustizia Salvatore Stambè, avrebbe subito in carcere da due detenuti comuni, dopo l’arresto nel 2013 per il trasporto di un arsenale (20 fucili e 13 pistole). Domenico Stambè pretendeva che quell’affronto fosse vendicato per salvaguardare il buon nome della famiglia, cosa che però non avvenne. Si sarebbe così creata una frattura verticale tra gli stessi Stambè, che avrebbe raggiunto il punto di non ritorno quando in occasione dell’affiliazione del figlio di Angelo Stambè, di nome Antonio, contro Domenico Stambé si sarebbe schierato proprio Salvatore Stambè, che ha ora deciso di saltare il fosso e collaborare con la giustizia.

Se infatti Domenico Stambè avrebbe attaccato pesantemente il fratello Angelo, “colpevole di aver disonorato la famiglia”, dall’altra Salvatore Stambè - che già nutriva vecchi rancori con il fratello Domenico - avrebbe approfittato di questa situazione schierandosi in suo favore". 

In tale complicata situazione, secondo gli inquirenti, il conferimento di una "dote" di ‘ndrangheta al figlio di Angelo Stambè, giustificata dalla volontà del sodalizio di risarcire costui della detenzione patita e di ricompensarlo dei servizi resi, “costituiva certamente - scrivono i magistrati dell’operazione Barbarossa - per Salvatore Stambè una preziosa occasione per irritare Domenico Stambè e ribadire così la sua importanza all’interno della famiglia e quindi dell’intero sodalizio”. 

 

Tensioni interne ad una famiglia che i carabinieri hanno monitorato fino a tutto il 2016, sino all’omicidio consumato a marzo 2017 e che ora potrebbero essere meglio spiegate in tutti i contorni dal nuovo collaboratore di giustizia Salvatore Stambè che con le sue dichiarazioni potrebbe permettere di assestare un duro colpo sia alla ‘ndrangheta delle Preserre vibonesi, sia a quella trapiantata ad Asti. In particolare, Salvatore Stambè ha già riferito ai magistrati della Dda di Torino di essere stato affiliato alla ‘ndrangheta nel 2011, mentre il fratello Domenico Stambè era già stato “battezzato” da elementi di primo piano dei clan di Gioia Tauro con la “benedizione” dell’allora capo crimine dell’intera ‘ndrangheta, Domenico Oppedisano di Rosarno.

 

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Giornalista
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