‘Ndrangheta, confermate in appello 11 condanne per le infiltrazioni in Valle d’Aosta - Nomi

L’indagine risale al 2014. Il processo Geenna ha dimostrato l’esistenza di una cosca locale riconducibile alla cosca Nirta-Scalzone di San Luca

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di Redazione
19 luglio 2021
18:24

La Corte d’Appello di Torino ha confermato le 11 condanne comminate in primo grado al processo Geenna, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. La pena più alta è per Bruno Nirta, condannato a 12 anni, 7 mesi e 20 giorni. Per la Dda di Torino era lui a svolgere ruoli di promozione, direzione e organizzazione all'interno del Locale 'ndranghetista valdostano.

Confermate, fra la altre, le condanne per Marco Fabrizio Di Donato (9 anni) per il fratello Roberto Alex e per Francesco Mammoliti (5 anni e 4 mesi) e per l'avvocato penalista torinese Carlo Maria Romeo (4 anni e 6 mesi).


L’indagine, che risale al 2014, ha dimostrato l’esistenza di una cosca locale riconducibile alla cosca Nirta-Scalzone di San Luca (Rc), capeggiata da Marco Fabrizio Di Donato e composta, fra gli altri, da Bruno Nirta e Antonio Raso, attivi con ruoli di promotori e organizzatori.

Per gli inquirenti, l’organizzazione criminale sarebbe riuscita a infiltrarsi nella politica, come provato dalla partecipazione al sodalizio, nelle vesti di concorrenti esterni, di alcuni amministratori locali valdostani.

Riduzione della condanna per Raso 

Per il ristoratore aostano Antonio Raso, considerato uno dei vertici della presunta locale di 'ndrangheta di Aosta, la condanna nel processo Geenna si è ridotta in appello a 10 anni, rispetto ai 13 inflitti in primo grado. I giudici, «perché il fatto non sussiste» lo hanno assolto dall'accusa di tentato scambio elettorale politico mafioso per i presunti voti promessi alla vigilia delle comunali del 2015 all'allora candidato sindaco di Aosta Fulvio Centoz - che rifiutò, secondo gli inquirenti - in cambio di posti di lavoro. Inoltre con la stessa motivazione lo hanno assolto dall'accusa di scambio elettorale politico mafioso, in occasione della stessa tornata elettorale, per i presunti accordi con Marco Sorbara. I magistrati della seconda sezione penale hanno poi respinto l'appello del procuratore generale di Torino riguardo all'ipotizzato scambio elettorale politico-mafioso contestato ad Antonio Raso alla vigilia delle comunali 2015 di Saint-Pierre a favore di Monica Carcea (episodio per il quale era già stato assolto in primo grado). Sono state concesse le attenuanti generiche all'ex assessora comunale di Saint-Pierre Monica Carcea, con la condanna passata da 10 a 7 anni, al dipendente del Casinò di Saint-Vincent Alessandro Giachino e all'ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico (per entrambi la pena inflitta è scesa da 11 a 8 anni ciascuno).

Le reazioni 

Le sentenze pronunciate dalla Corte d'Appello di Torino al termine dei due processi nati dall'inchiesta Geenna «confermano dal punto di vista giudiziario la presenza della 'ndrangheta in Vda. Una presenza strutturata e radicata nel tempo. Queste nuove sentenze servano per una maggiore consapevolezza, per troppo tempo si è sottovalutata la gravità di questo fenomeno». Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, Alberto Bertin. Da alcune intercettazioni dell'inchiesta Egomnia, sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 in Valle d'Aosta da parte della 'ndrangheta, era emerso che Bertin, simbolo della battaglia per la legalità, era finito nel 'mirino' della presunta locale di Aosta. «Quello combina danni...ha fatto danni e continuerà a fare danni....», diceva di lui al telefono Antonio Raso, considerato dagli inquirenti uno dei vertici dell'organizzazione, passando anche alle minacce: «finché qualcuno non gli fa i 'mussi' tanti (lo picchia in faccia, ndr)...e ti dirò qualcuno gli farà i 'mussi' tanti, perché è già sul pelo del rasoio...se le è sgravitata un paio di volte…».

«Sentenza d'appello del processo Geenna mantiene la greve ombra della criminalità organizzata sulla Valle, aspettiamo che la Giustizia finisca il suo corso; un abbraccio a Marco Sorbara e alla sua famiglia per l'assoluzione...era necessario tutto questo? La Giustizia funziona bene?». Così in un tweet il senatore valdostano Albert Lanièce interviene sull'assoluzione "perché il fatto non sussiste" dell'ex consigliere regionale Marco Sorbara, suo ex collega di partito nell'Union valdotaine, maggior movimento autonomista in Valle d'Aosta. La procura generale di Torino aveva chiesto alla Corte d'Appello la conferma della condanna a 10 anni di reclusione per Marco Sorbara, inflitta nel settembre scorso dal tribunale di Aosta. Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i 16 imputati nei due processi d'appello nati dall'inchiesta Geenna su una presunta locale di 'ndrangheta ad Aosta - entrambi arrivati a sentenza lunedì 19 luglio - Sorbara è stato l'unico assolto da ogni accusa ed è tornato libero dopo due anni e mezzo in cui è stato sottoposto prima alla custodia cautelare in carcere (per sette mesi) e poi agli arresti domiciliari.

Nel processo Geenna d'appello, celebrato con rito ordinario, sono diminuite dell'80% le provvisionali di risarcimento alle parti civili rispetto a quelle concesse dal tribunale di Aosta. I giudici della seconda sezione penale della Corte d'appello di Torino le hanno ridotto complessivamente da 665 mila a 130 mila euro: 50 mila euro alla Regione Valle d'Aosta (assistita dall'avvocato dirigente Riccardo Jans), 40 mila euro al Comune di Saint-Pierre (avvocato Giulio Calosso), 30 mila euro al Comune di Aosta (avvocato Gianni Saracco) e 10 mila euro a Libera (avvocato Valentina Sandroni). «Sono state confermate le condanne nei confronti degli imputati nei cui confronti è costituito il Comune ed è stata concessa una provvisionale di 40 mila euro, in linea con i processi di 'ndrangheta: in Minotauro, per Volpiano e Leini, furono riconosciuti 50 mila euro a Comune», commenta l'avvocato Calosso.

 

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