«Come si vive 30 anni sotto scorta?», Gratteri si emoziona e non risponde alla Gruber
VIDEO | Ospite della trasmissione Otto e mezzo, il magistrato ha parlato dell’avvio del maxi-processo anti ‘ndrangheta, dell’omicidio del giovane Willy e delle riforme: «Quello che ho in testa io non si farà nemmeno con questo governo» (ASCOLTA L'AUDIO)
Un Nicola Gratteri inedito, commosso e con gli occhi lucidi. Il procuratore della Repubblica di Catanzaro è stato ospite questa sera di Otto e mezzo, la trasmissione condotta da Lilli Gruber in onda su La7.
Nel corso della puntata - dedicata ai temi della criminalità organizzata, politica e Covid - il magistrato ha spiegato: «Oggi la 'ndrangheta sta aspettando, c'è molta tensione e nervosismo nei miei confronti». Il contesto s'inserisce nel maxi-processo anti 'ndrangheta partito oggi dall'aula bunker di Rebibbia, Roma. Un processo definito dai più “storico” e paragonato a quello contro la mafia celebrato a Palermo: «Falcone e Borsellino sono due giganti rispetto a noi. Capivano le cose vent'anni prima», ha tenuto però a precisare il procuratore.
Gratteri: «Sto più attento»
Poi le domande della Gruber sono tornate sul personale: «Ha più paura?». «Sto più attento, sì», la replica del magistrato. Entrando nel dettaglio, la conduttrice ha poi chiesto cosa significhi vivere trent'anni sotto scorta. Una domanda a cui Gratteri, visibilmente commosso, facendo cenno con la mano, ha preferito non rispondere.
L’omicidio del giovane Willy
Durante la puntata si è anche discusso dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte a Colleferro, Roma. Il giovane è stato ucciso a calci e pugni da alcuni coetanei, al culmine di una lite: «Mentalità fascista? Direi mentalità mafiosa, nel senso che quei ragazzi hanno avuto atteggiamento mafioso: controllo del territorio. Chiunque fosse stato lì lo avrebbero ucciso: è un modo di essere di quelle persone, questa è la concausa di mancanza di istruzione e cultura di gente allenata alla violenza», ha commentato il magistrato.
Il tema delle riforme
Altro tema trattato è stato quello delle riforme nella Giustizia: «Le riforme che ho io in testa non si fanno, nemmeno con questo governo. Il ministro Bonafede – ha specificato - sta prestando grande attenzione al mio ufficio e ho buoni rapporti con lui, come ce li avevo con il suo predecessore, Orlando. Ma non è questo, il livello di contrasto alle mafie sarà sempre insufficiente finché non faremo - nel rispetto della costituzione - quelle leggi che renderanno delinquere non più conveniente».
Fondi dall’Ue? «Le mafie non stanno a guardare»
La criminalità organizzata si è ben adattata anche alla pandemia: «Le mafie - ha detto ancora Gratteri - non stanno a guardare. Compreranno tutte le attività che potranno acquistare approfittando della crisi». E sull'arrivo dei fondi dall'Ue, ha avvertito: «La politica deve mettere le regole per distribuire queste risorse. Un esempio: ho detto ai sindaci di mandare gli elenchi alle Prefetture per vedere chi ha veramente bisogno di questi fondi. Sono stato attaccato perché voglio lo Stato di polizia, perché voglio controllare. Invece - ha concluso - costerebbe di meno fare attività di prevenzione che contrastare reati».