'Ndrangheta, indagini chiuse per l'ex sostituto procuratore di Reggio Mollace. L'accusa: corruzione in atti giudiziari

L'inchiesta del pool dei magistrati di Catanzaro è arrivata al copolinea. Sotto accusa anche Luciano Lo Giudice, considerato l'istigatore delle bombe di Reggio e Antonino Spanò, presunto affiliato al clan Lo Giudice
di Gabriella Passariello
30 gennaio 2015
15:52

Catanzaro - Prove celate. Indagini, che avrebbero potuto svelare i retroscena di un delitto, insabbiate. Una serie di favori in cambio di omissioni, compiute al solo fine di favorire la 'ndrangheta. Così, almeno, dicono le accuse. Il pool dei magistrati della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio ha chiuso le indagini a carico dell'ex sostituto procuratore generale di Reggio Calabria Francesco Mollace, attualmente in servizio alla procura generale della Corte d'appello di Roma, Luciano Lo Giudice, fratello di Nino Lo Giudice, e Antonino Spanò, titolare di un cantiere nautico a Reggio Calabria.

Per tutti e tre il reato ipotizzato è di corruzione in atti giudiziari in concorso. Il magistrato, che può considerarsi uno dei pilastri storici dell'antimafia reggina, all'epoca dei fatti da sostituto procuratore della Dda di Reggio era preposto alla gestione e alla trattazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Maurizio Lo Giudice  e Paolo Iannò, ma non avrebbe svolto alcuna attività investigativa inerente i contenuti delle prove raccolte, circa l'esistenza della cosca Lo Giudice. Le dichiarazioni dei pentiti convergevano tanto sull'esistenza della cosca Lo Giudice anche dopo il 1991 e quanto alla perpetrazione dell'omicidio di Angela Costantino moglie del boss Pietro Lo Giudice, fatta sparire e secondo l'accusa uccisa per salvare l'onore del capoclan, «da parte dei componenti la medesima famiglia 'ndranghetista». In sostanza Mollace, avrebbe omesso, secondo le ipotesi di accusa, di riaprire le indagini sulla scomparsa della Costantino, senza vagliare e comparare le dichiarazioni dei due pentiti. Con un'unica conseguenza. Che Mollace avrebbe per così dire selezionato i contenuti e le prove rese attraverso le dichiarazioni di Maurizio Lo Giudice e Iannò, fornendone un quadro parziale. Nessun riscontro al narrato dei collaboratori, neanche per quanto concerne «la pervicacia ed esistenza della famiglia Lo Giudice, quale cosca operante nel territorio reggino, ricevendo quale utilità, da parte della predetta cosca, la dazione gratuita dei servizi di manutenzione e rimessaggio dei natanti ormeggiati nel cantiere di Calamizzi, gestito e diretto da Antonino Spanò e Luciano Lo Giudice, il primo quale prestanome del secondo». Fatti accaduti in data anteriore e prossima al 30 ottobre 2010.  Un'inchiesta quella che vede indagati Mollace, Luciano Lo Giudice considerato l'istigatore delle bombe di Reggio e Spanò, ritenuto un affiliato alla cosca che nasce dal memoriale sul nano, lo pseudo pentito Antonino Lo giudice  che ha fornito nomi e cognomi di chi avrebbe materialmente piazzato l'ordigno del 3 gennaio di quattro anni fa davanti agli uffici di via Cimino, quello del 26 agosto seguente all'ingresso dell'abitazione del procuratore generale Di Landro e il bazooka fatto ritrovare il 5 ottobre dello stesso anno a poche centinaia di metri dal Cedir, sede della Direzione distrettuale Antimafia di Reggio.  Salvo poi ritrattare la sua versione dei fatti , scappare dalla località protetta, per finire di nuovo dietro le sbarre.

 


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