‘Ndrangheta a Lamezia: carne e pesce gratis per i rampolli dei clan
E c’era pure chi doveva essere bruciato vivo per aver osato collocare una bomba contro la casa di un Giampà. Pressioni pure sul cantiere del Palazzetto dello Sport
C’era chi doveva morire arso vivo e chi doveva consegnare carne e pesce ai rampolli dei clan a titolo estorsivo. Fra bombe ed intimidazioni di ogni genere, l’operazione “Filo rosso” della Dda di Catanzaro permette di assestare un nuovo colpo ai clan Giampà e Notarianni di Lamezia Terme, ricostruendo diversi episodi criminosi descritti in 33 capi di imputazione. Fatti delittuosi recentissimi che arrivano sino al 16 giugno scorso e svelano retroscena del tutto inediti
La minaccia a Vescio di arderlo vivo. E’ la notte del 27 maggio scorso quando una bomba piazzata dinanzi al cancello ed al citofono dell’abitazione di Saverio Giampà rende l’immobile in parte inservibile. L’ordigno esplosivo viene collocato male e causa danni anche all’auto di Michele Giampà. Per tale episodio sono accusati Gianluca Notarianni, 24 anni, Giuseppe Cappello, 33 anni, e Fabio Vescio, 20 anni. La bomba sarebbe stata collocata per risolvere conflittualità interne con Saverio Giampà, ma la risposta di quest’ultimo non si sarebbe fatta attendere. In concorso con Michael Mercuri, 28 anni, è accusato di aver provocato il 16 giugno scorso lesioni gravi a Fabio Vescio, tanto da provocargli l’insorgere di una malattia del corpo. Vescio sarebbe stato colpito ripetutamente con calci e pugni tanto da subire la tumefazione del volto curabile solo con il ricorso a farmaci specifici. Il pestaggio ha inoltre provocato a Vescio la rottura di un dente e difficoltà nella masticazione. Dulcis in fundo, Vescio sarebbe stato minacciato di finire bruciato vivo. Il tutto per soddisfare il desiderio di vendetta – in un’ottica tipicamente mafiosa – covato da Saverio Giampà per il danneggiamento alla propria abitazione.
I lavori al Palazzetto dello Sport e la tentata estorsione. Nel mirino dei clan, e nel caso specifico di Gianluca Notarianni, sarebbe finita anche la ditta Cofer srl, impegnata nella costruzione del nuovo Palazzetto dello Sport di Lamezia Terme in via del Progresso. Sul cantiere è stata prima fatta recapitare una bottiglia con benzina accompagnata da alcuni proiettili, poi è stata fatta espolodere una bomba. Nulla è però riuscito a piegare il titolare dell’impresa, Antonio Ferraro, il quale si è sempre rifiutato di pagare somme di denaro. Le contestazioni coprono in questo caso un arco temporale ricompreso fra il 12 novembre 2015 e il febbraio scorso.
Le estorsioni a pescheria e macelleria. Sarebbero stati Gianluca Notarianni e Giuseppe Cappello fra il novembre ed il dicembre 2016 a farsi consegnare un quantitativo imprecisato di pesce dall’attività commerciale “Pedro srl”. Minacce esplicite di atti ritorsivi contro la persona ed il patrimonio avrebbero consentito ai due lametini di prelevare la merce. Minaccia resa ancora più grave dall’appartenenza al clan Giampà.
Gianluca Notarianni, Michele Bentornato e Vescio Fabio si sarebbero invece fatti consegnare da un macellaio diversi quantitativi – non meglio specificati – di carne, mentre sempre a titolo estorsivo otto chili di carne sarebbero stati consegnati a Giuseppe Cappello.
Storie di ordinarie prepotenza criminale in una Lamezia Terme sempre più violenta ed assediata dai clan.
Giuseppe Baglivo
In merito all’articolo di cui sopra, dall’avvocato Armando Chirumbolo nell’interesse del sig. Michele Curcio, legale rappresentante della Società Pedro Fish srl, riceviamo e pubblichiamo: “Il sig. Michele Curcio, nella sua qualità di legale rappr.nte p.t. della Predro Fish srl, tiene ad evidenziare che lo stesso è già stato sentito nello scorso Febbraio c.a. dalle autorità competenti in merito a quanto riportato in virgolettato “[…] Le estorsioni a pescheria e macelleria. Sarebbero stati Gianluca Notarianni e Giuseppe Cappello fra il novembre ed il dicembre 2016 a farsi consegnare un quantitativo imprecisato di pesce dall’attività “Pedro Srl”. Minacce esplicite di atti ritorsivi contro la persona ed il patrimonio avrebbero consentito ai due lametini di prelevare la merce. Minaccia resa ancora più grave dall’appartenenza al clan Giampà [… ]” e che ha già avuto modo di riferire che mai a nessuno è stato consegnato del pesce gratuitamente e che i soggetti sottoposti ad indagine nell’Operazione “Filo Rosso” avevano acquistato e sempre pagato regolarmente il pesce dal suo negozio".