Pecunia olet

‘Ndrangheta, sequestro beni per 400mila euro a un commercialista del Reggino: sarebbe legato al clan Pesce

Il professionista Tiberio Sorrenti è coinvolto nell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria Pecunia olet e accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravato dal metodo mafioso. È imputato davanti al collegio del tribunale di Palmi

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di Francesco Altomonte
10 maggio 2023
09:43

Un sequestro di beni per 400mila euro è stato eseguito, questa mattina, dalla guardia di finanza ai danni del commercialista di Rosarno Tiberio Sorrenti, nel Reggino. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria su richiesta della procura antimafia della città dello stretto.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il professionista rosarnese sarebbe legato al clan Pesce, secondo l’impostazione accusatoria dell’inchiesta denominata Pecunia olet. Procedimento nel quale il commercialista è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravato dal metodo mafioso. Retai per i quali sta affrontando un processo davanti al collegio del tribunale di Palmi.


Su queste basi, la sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria ha decretato l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di 2 fabbricati, 2 terreni, 3 autovetture, denaro contante per circa 40.000 euro nonché tutti i rapporti bancari, finanziari e relative disponibilità, per un valore complessivamente stimato in 400mila euro.

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L’attività investigativa avrebbe consentito di disvelare un vero e proprio accordo che avrebbe consentito alla cosca Pesce di Rosarno di gestire, in condizione di monopolio, i remunerativi settori dell’indotto della grande distribuzione alimentare e del trasporto merci su gomma. Il tutto con il supporto del citato dottore commercialista, che ne avrebbe curato gli aspetti tecnici, ponendo a disposizione dell’organizzazione criminale le proprie competenze in materia contabile, societaria e fiscale, col duplice fine di favorirne gli interessi economici e, nel contempo, evitare che i patrimoni imprenditoriali fossero aggrediti da iniziative giudiziarie. Tale collaudato modus operandi si sarebbe concretizzato, tra l’altro, attraverso la costituzione di società cartiere, intestazioni fittizie e periodiche modifiche delle compagini societarie e, più in generale, mettendo a disposizione il proprio studio commerciale quale luogo privilegiato di incontro per affrontare questioni di interesse della cosca e per gli affari illeciti da questa perseguita.

Sul punto, una volta documentata la pericolosità sociale, l’attività in rassegna ha consentito di ricostruire, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità del professionista, il cui valore sarebbe risultato decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

 

 

 

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