Operazione Sistema

Odio, soldi e potere: così i viceré del boss Patitucci portarono Cosenza a un passo della guerra di mafia

Nel 2019 la fragile alleanza che stava alla base della federazione dei clan in città scricchiolò per lo scontro tra Porcaro e Piromallo. La faida evitata solo grazie agli arresti dell'operazione Testa di serpente 

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di Marco Cribari
5 settembre 2022
10:03
Da sinistra Porcaro, Patitucci, Piromallo
Da sinistra Porcaro, Patitucci, Piromallo

Un solo boss, ma anche sette viceré alcuni dei quali litigiosi e per nulla inclini al gioco di squadra. La confederazione criminale guidata da Francesco Patitucci era anche questo: una sommatoria poco armonica di interessi illeciti e ambizioni personali che si reggeva su un fragilissimo equilibrio. Il risultato è che, fra il 2018 e il 2019, la città di Cosenza è stata vicinissima, come non mai, allo scoppio di una nuova guerra di mafia.

Il pretesto, per come emerge dagli atti dell’inchiesta, è il deterioramento dei rapporti fra Roberto Porcaro e Mario Piromallo detto Renato. Sono i due uomini più importanti dell’organizzazione, e hanno ricevuto il segno del comando da Patitucci in persona. Quando quest’ultimo è in carcere, il potere passa in mano loro, con Porcaro posizionato una spanna più in su rispetto al collega. La diarchia, però, non funziona, e gli effetti non tardano a manifestarsi.


Tensioni fra i clan di Cosenza, quel carico d’uva conteso

I malumori reciproci esplodono il 13 settembre del 2019, quando due fruttivendoli della città litigano fra loro per un carico d’uva conteso. Non sono due commercianti qualunque, perché uno è collegato direttamente a Porcaro e l’altro a Piromallo. È proprio quest’ultimo a rompere gli indugi, e intervenendo nella lite – fin lì solo verbale – a difesa del suo protetto, colpisce il contendente con il suo casco da motociclista: una botta dolorosa in faccia che il malcapitato non si tiene: tempo poche ore e si ripresenta nel negozio del rivale in compagnia di una squadra d’eccezione. Con lui, infatti, ci sono Porcaro e i fratelli Marco e Luigi Abbuzzese. Lo picchiano e gli mostrano una pistola a mo’ di minaccia, poi in un monologo captato dalle microspie ambientali, usano parole sferzanti nei confronti di Piromallo, definendolo in modo sarcastico «giustiziere della notte». È il momento di tensione massima fra i clan confederati, anche perché da intercettazioni raccolte nelle ore successive, i poliziotti comprendono che quella spedizione punitiva non costituisce un episodio isolato.

Tensioni fra i clan di Cosenza, quel “furto con spaccata” non gradito a Piromallo

Alcuni giorni prima, un furto con spaccata aveva interessato un tabacchino della città il cui proprietario occulto è ancora Piromallo. E pure quell’evento rientra nella guerriglia in corso fra gruppi criminali al pari di altre misteriose sparatorie registrate in quel periodo in città. Ma non solo, perché da ulteriori captazioni, gli investigatori in ascolto comprendono in tempo reale come le tensioni in atto abbiano accelerato il gioco di alleanze interne, reazione a catena classica che, la Storia insegna, fa da preludio a ogni conflitto. Porcaro si è coalizzato con i fratelli Abbruzzese, mentre Piromallo “corteggia” un Adolfo D’Ambrosio fresco di scarcerazione.

Anche Salvatore Ariello detto Sasà ha costituito una batteria autonoma ed è legatissimo a Renato, ma quest’ultimo deve guardarsi dalla contrarietà di Michele Di Puppo, il gerarca più vicino al boss nonché suo vero uomo di fiducia. E a proposito, come si muove Patitucci in questo contesto turbolento? Lui fa il capo, o almeno tenta di farlo. Convoca separatamente le parti in causa, cerca di ricucire i rapporti, riconosce loro le rispettive ragioni, ma per ognuno ne evidenzia anche i torti.

Tensione fra i clan di Cosenza, cosa contesta Patitucci a Porcaro e Piromallo

Porcaro contesta di essersi legato troppo ai nomadi e di aver interpretato con troppa irruenza e poca diplomazia il ruolo di viceboss che lui gli ha assegnato; con Piromallo, invece, ce l’ha per via della sua presunta tendenza a muoversi troppo in autonomia, sacrificando così gli interessi collettivi in nome di quelli personali. Un esempio è rappresentato dalla droga, per la quale vige un patto di mutua assistenza: se un gruppo è a secco di stupefacenti da spacciare, un altro con le scorte a posto dovrebbe intervenire in soccorso. Piromallo sembra non rispettare più questo accordo, e come se non bastasse anche il tema dell’assistenza ai carcerati diventa motivo di scontro.

La confederazione ne ha nove da assistere, con stipendi da veicolare regolarmente ai loro familiari in libertà, ma in un clima di sospetti reciproci e sguardi in cagnesco, anche questo meccanismo finisce per incepparsi. Finanche Patitucci, insomma, sembra in affanno a gestire questo momento di crisi interna alla sua confederazione, ma una grossa mano, ovviamente del tutto involontaria, gli arriva dalle forze dell’ordine, che a dicembre arrestano Porcaro e gli Abbruzzese per un serie di estorsioni (la cosiddetta inchiesta Testa del serpente). L’operazione raffredda gli spiriti divenuti ormai bollenti, e da quel momento in poi i clan avranno altro a cui pensare. Su Cosenza e dintorni, i venti di guerra hanno cessato di soffiare.

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