Omicidio a Gioia Tauro, ipotizzata la pista mafiosa a partire dal luogo scelto per l’agguato
VIDEO | Lo Prete è morto a pochi metri dal negozio gestito dalla moglie e dentro una pompa di benzina al centro di diverse indagini perché riconducibile ai Piromalli
Le telecamere della zona, e segnatamente quelle dell’area di servizio teatro dell’agguato, potrebbero essere determinanti per fare luce sulla morte di Massimo Lo Prete.
L’omicidio del 50enne, avvenuto a Gioia Tauro nella tarda serata di venerdì, avrebbe infatti una dinamica chiara e ai carabinieri che indagano – a partire dal profilo criminale della vittima – restano ancora pochissimi tasselli per inquadrare il fatto avvenuto a distanza di 10 anni dall’ultimo raid mortale nella città del porto.
L’uomo, un pregiudicato da poco uscito dal carcere per reati legati alla droga, era a bordo della sua utilitaria, diventando bersaglio di diversi colpi di pistola che non gli hanno dato scampo.
Il luogo scelto per l’agguato potrebbe essere doppiamente determinante, intanto perché a pochi metri dalla pompa di benzina la famiglia di Lo Prete gestisce un negozio: ma la scelta del sicario per mettere a segno la sua missione di morte, sembra portare ad altri interrogativi inquietanti anche per un altro motivo.
Il distributore di benzina è infatti uno dei più attenzionati in città dagli investigatori, perché in passato appartenuto al ramo imprenditoriale del clan Piromalli e oggi – lasciano filtrare gli inquirenti – al centro di un’attività di indagine chiusa.
Perché uccidere l’uomo, e perché farlo proprio dentro il regno di una delle famiglie di mafia egemoni in città? sembrano quindi i primi quesiti dirimenti per leggere l’agguato secondo anche la simbologia mafiosa.
Nelle indagini, che potrebbero passare sotto il coordinamento della procura antimafia, nulla dunque viene tralasciato e viene battuta anche la pista della vita privata della vittima, a lungo lontano dalla città.
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