Ucciso per un sospetto, nuova luce sull'omicidio Longo nei verbali del pentito Moscato

VIDEO | L’ex killer fornisce agli inquirenti elementi utili alla ricostruzione del delitto avvenuto nel 2012 sulla strada che collega la frazione Triparni di Vibo alle altre frazioni costiere

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di P. C.
5 maggio 2019
09:12

Un delitto quasi dimenticato. Per il clan dei Piscopisani una sorta di “danno” collaterale nella guerra di mafia innescata coi Patania e Pantaleone Mancuso alias “Scarpuni” tra il 2011 e il 2012. Sotto i colpi del feroce gruppo di fuoco guidato da Rosario Battaglia, l’1 aprile del 2012, cadde Mario Longo. Aveva 50 anni, una figura borderline che – in base al racconto che il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato fa ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – sarebbe stato assassinato sulla scorta di un mero sospetto: quello di essere un confidente della polizia, da un lato, e del clan Patania dall’altro, in qualche modo testimone involontario e scomodo della fase preparatoria dell’omicidio del boss Patania, quando una coppia fu rapinata dell’automobile poi usata per l’agguato.

 


Per il clan elementi sufficienti per sospettare di lui e farlo fuori. Avvenne nella tarda serata, sulla strada che collega la frazione Triparni di Vibo alle altre frazioni costiere. Piccoli precedenti, nessun legame diretto con il crimine organizzato, caduto mentre contestualmente nelle Preserre veniva ferito in un altro agguato Giovanni Emmanuele, esponente del gruppo di fuoco del clan Emanuele, alleato ai Piscopisani ed in conflitto con i Loielo, protagonisti di un’altra guerra di mafia sulla quale proprio Moscato ha fornito agli investigatori elementi preziosi per far luce su una lunga sequela di omicidi e tentati omicidi.

Giornalista
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