«Così fu uccisa e fatta a pezzi Pamela». L’orrore raccontato dal pentito di ‘ndrangheta

A testimoniare davanti alla Corte d'assise di Macerata Salvatore Marino l’ex compagno di carcere di Innocent Oseghale, il nigeriano accusato della morte della giovane: «Sezionata mentre era ancora viva»

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di Redazione
7 marzo 2019
10:20
Pamela Mastropietro
Pamela Mastropietro

Cento minuti. Tanti ne sono bastati al procuratore Giovanni Giorgio, per ottenere dall'ex 'ndranghetista Salvatore Marino ed ex compagno di carcere di Innocent Oseghale, la conferma di quanto già sentito lo scorso anno nel carcere di Marino del Tronto: «Innocent mi ha detto di aver ucciso Pamela».


Solo che questa volta la conferma avviene davanti alla corte d'assise di Macerata nella seconda udienza che vede, il nigeriano accusato della morte di Pamela Mastropietro per i reati di omicidio, violenza sessuale, vilipendio, distruzione, occultamento di cadavere ai danni di una persona in condizioni di inferiorità psichica o fisica.
Marino ha raccontato il suo complesso rapporto in carcere con il nigeriano e ribadito tutti i particolari che hanno portato alla morte della 18enne romana. «La ragazza ha incontrato Oseghale ai Giardini Diaz di Macerata - ha ricordato il crotonese - e gli chiese eroina, ma lui le rispose che vendeva solo erba e che la poteva fare arrivare».
La droga la portò «Lucky Desmond e fu pagata da Pamela con una collanina, che le regalò la mamma», è il suo racconto. Il nigeriano gli disse che «pagò due euro e mezzo la siringa e che poi, insieme al connazionale e a Pamela salirono nell'appartamento di Via Spalato».



In casa, la 18enne consumò la dose di eroina quindi si alzò dal divano e «Desmond provò ad approcciarla sessualmente»: Pamela non accettò e ricevette uno schiaffo, che le fece cadere a terra priva di sensi. A quel punto, è sempre il racconto di Marino, «Desmond andò via, perché la ragazza non faceva niente». In casa, Pamela restò sola con Oseghale, «che la rianimò con l'acqua e subito dopo ebbe un rapporto sessuale completo». Subita la violenza, «Pamela voleva andare via, tornare nella sua casa di Roma in treno, ma voleva denunciare Oseghale».


Secondo il racconto di Marino davanti alla Corte d'assise «non voleva che Pamela andasse via. Si sono spinti davanti alla porta e qui Oseghale le diede una prima coltellata all'altezza del fegato, usando un coltello grande». Pamela finisce a terra e Oseghale «chiamò al cellulare un connazionale», ma non trovò assistenza. Oseghale rientra a casa: «Mi ha detto che era convinto che Pamela fosse morta e cominciò a sezionarla, cominciando dalla gamba. Ma lei si mosse e si lamentò e, a quel punto, le diede una seconda coltellata».

Secondo il racconto del testimone, «voleva mettere la ragazza in un sacco, ma il corpo non entrava e quindi l'ha tagliata, mettendo i pezzi del corpo in due valigie». Poi «ha chiamato un taxi, perchè voleva buttare le due valigie dove non si dovevano trovare».

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