Cosenza, nella rete degli usurai anche un papà che doveva curare la figlia di 3 anni

INTERVISTA | Smantellato un giro di prestiti a strozzo con interessi anche dell'ottocento per cento. Quaranta i capi di imputazione contestati, ma l'indagine sembra destinata ad allargarsi. Le indagini partite dalla denuncia di una vittima che, sommersa dai debiti, pensava di suicidarsi 

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di Salvatore Bruno
29 maggio 2020
12:33

Gli interessi usurai applicati superavano il cinquanta per cento mensile. Nell'arco di un trimestre potevano raggiungere soglie iperboliche, anche dell'ottocento per cento. Così un debito da poche migliaia di euro si trasformava in poche settimane in un macigno impossibile da rimuovere.

Chi sono gli usurai

Ad interrompere questa vorticosa spirale sono intervenuti gli agenti della squadra mobile della questura di Cosenza. Nella rete della giustizia sono finiti cinque cravattari, tutti pregiudicati. Per tre di loro è scattata la custodia cautelare in carcere. Si tratta di Antonio Berlingieri, 43 anni, e di Sergio Manna, di 51, entrambi di Cosenza, e poi di Maurizio Bruno, 52 anni, residente a Mendicino. Una quarta persona, Pasquale Placido di 73 anni è stata posta ai domiciliari. Per un 64enne di Cosenza è stata emessa invece la misura del divieto di dimora a Cosenza e Rende.


Denuncia determinante

L'operazione, denominata Alto Tasso, è scaturita da una indagine coordinata dal Procuratore capo Mario Spagnuolo e dall'aggiunto Marisa Manzini, condotta dai sostituti Margherita Saccà e Giuseppe Cava. I particolari sono stati resi noti in una conferenza stampa alla quale è intervenuto anche il questore Giovanna Petrocca. L'inchiesta ha preso il via nel giugno del 2018 quando una persona si è presentata in questura, chiedendo aiuto per un suo amico affetto da ludopatia: «È sommerso di debiti e vuole suicidarsi». Questo il drammatico racconto reso alle forze di polizia.

L'impegno della polizia

I successivi accertamenti condotti dagli agenti, guidati dal vicequestore Fabio Catalano e dal commissario capo Giuseppe Massaro, hanno consentito di scoprire che anche il denunciante era finito nella rete degli strozzini. Nel complesso sono state poi individuate sedici vittime. A spingerle nella trappola tesa dai loro aguzzini la carenza della liquidità necessaria a portare avanti la propria attività lavorativa, oppure spese improvvise ed impreviste. Emblematico il caso di un padre di famiglia costretto ad allontanarsi dalla Calabria, per curare la figlia di tre anni. Abbandonato dallo Stato ed anche dal circuito familiare, aveva reperito in prestito il denaro.

Legame malsano

Circa quaranta i capi di imputazione nel complesso contestati. Le accuse, a vario titolo, sono di usura, estorsione tentata e consumata, esercizio abusivo del credito. Non è stato semplice convincere le vittime a collaborare. Un po' perché avevano vergogna di rivelare la grave condizione in cui erano precipitate, un po' perché, nonostante fossero vessate dagli usurai, li ritenevano in qualche modo dei benefattori, avendo teso loro una mano nel momento del bisogno. Questo legame malsano, in alcuni casi andava avanti da anni, con il pagamento di interessi su interessi in una micidiale morsa sempre più stretta, dalla quale era impossibile liberarsi. E quando non si rispettavano le scadenze, arrivavano le minacce di morte.

Sostegni alle vittime

Il Procuratore Mario Spagnuolo ha ricordato le provvidenze previste dalla legge per sostenere le vittime di usura, ma per accedere al fondo è necessario denunciare. Nel corso dell'operazione sono state effettuate anche perquisizioni che hanno consentito alle forze dell'ordine di acquisire documenti ritenuti utili a proseguire ed allargare l'indagine.

Giornalista
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