Prosegue la requisitoria dei pubblici ministeri antimafia. Il magistrato Vito Valerio ha affrontato il capitolo rendese, ritenendo che il fratello di Adolfo, ora al 41 bis, sia stato il “reggente” del gruppo per un periodo di tempo
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Una requisitoria lunga e dettagliata quella del pubblico ministero Vito Valerio, che ieri, dall'aula bunker di Castrovillari, ha esposto nuovi temi accusatori riguardanti gli imputati coinvolti nel processo Reset, l'indagine antimafia della Dda di Catanzaro contro i clan di 'ndrangheta di Cosenza e Rende. L'intervento del magistrato pugliese si è focalizzato principalmente su Massimo D'Ambrosio, fratello di Adolfo, già condannato per associazione mafiosa e attualmente detenuto in regime di 41 bis.
Secondo la Dda di Catanzaro, Massimo D'Ambrosio avrebbe ricoperto il ruolo di "reggente" del gruppo mafioso riconducibile al fratello fino al luglio del 2019, quando Adolfo D'Ambrosio, dopo aver scontato la condanna ricevuta nel processo Vulpes, è uscito di galera. Il pm Valerio ha confermato la convinzione della pubblica accusa riguardo l'integrazione di Massimo D'Ambrosio nella presunta confederazione mafiosa attiva tra Cosenza, Rende e Roggiano Gravina. Ha sostenuto anche che l'imputato ha utilizzato i figli per l'esercizio abusivo del credito, prestando in altre circostanze somme con tassi usurai. Alcuni testimoni, invece, avrebbero ridimensionato la portata delle condotte illecite contestate per paura.
Il ruolo di Massimo D'Ambrosio e le intercettazioni telefoniche
Nel suo intervento, la pubblica accusa ha dedicato particolare attenzione alle intercettazioni telefoniche, sebbene alcune siano state oggetto di contestazione. Il pm ha sottolineato che, una volta depositata la memoria, la Dda fornirà una spiegazione dettagliata delle dichiarazioni contenute nelle intercettazioni. In apertura della requisitoria, Vito Valerio aveva già criticato duramente le trascrizioni effettuate dai periti nominati dal giudice Fabiana Giacchetti, evidenziando che molte delle intercettazioni riportate dalla polizia giudiziaria risultano significativamente differenti rispetto a quelle trascritte e messe a disposizione dei giudici e delle difese.
Il pm ha inoltre ribadito che la posizione di Massimo D'Ambrosio è stata confermata anche da una parte collaboratori di giustizia sentiti in udienza, aprendo poi la discussione sul sospetto voto di scambio tra Massimo e Adolfo D'Ambrosio, l’allora assessore Pino Munno e l’ex sindaco di Rende, Marcello Manna, entrambi imputati nel processo. Tuttavia, Adolfo D'Ambrosio è stato assolto da questa contestazione nel processo abbreviato per non aver commesso il fatto.
Il legame con l’inchiesta Genesi e il voto di scambio
Nel corso della requisitoria, il pm ha richiamato alcune intercettazioni telefoniche provenienti dal processo Genesi, l’inchiesta della Dda di Salerno sulle presunte condotte corruttive del giudice Marco Petrini, coinvolto anche in un presunto accordo con Manna riguardo all'assoluzione di Francesco Patitucci per l'omicidio di Luca Bruni.
Per la Dda, la promessa di appoggio elettorale da parte dei D'Ambrosio a Munno e Manna si sarebbe concretizzata con la gestione del Palazzetto dello Sport di Rende, garantita in cambio del sostegno nelle elezioni comunali del 2019. Questo incarico, tuttavia, è stato successivamente affidato a un altro soggetto, ascoltato come testimone in dibattimento.
Gli sviluppi futuri del processo Reset
Nel corso delle prossime udienze, si affronteranno altri temi centrali del processo, tra cui l’esistenza di una presunta associazione a delinquere dedita al narcotraffico, ritenuta sotto il controllo del gruppo mafioso degli Abbruzzese "Banana" di via Popilia a Cosenza.