Lamezia e il quartiere Calia che viene giù. «Qui si rischia il morto»

VIDEO | Una zona in completo dissesto idrogeologico, villette crollate e mai abbattute, il torrente Piazza non manutenuto e pronto a riesondare. Carlo Tansi chiama ognuno alle proprie responsabilità

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di Tiziana Bagnato
9 maggio 2019
13:24

La natura che si riprende i suoi spazi, l’uomo che costruisce senza alcun rispetto dei corsi d’acqua e senza osservare le leggi de codici e quelle del buon senso, un’ombra di morte che aleggia lì dove sono state costruite decine di palazzine e villette. Siamo a Calia, zona collinare di Lamezia Terme, qui scorre il torrente Piazza costeggiando una stradina, via Casturi, in cui i movimenti franosi hanno fatto accartocciare su se stesse le case.

 


Case lesionate, ruotate, scheletri in equilibrio precario costruiti proprio a ridosso del corso d’acqua e mai rimossi. Il ricercatore del Cnr Carlo Tansi non ci sta e dopo avere fatto un sopralluogo dell’area lancia un grido di allarme. A partire da quelle abitazioni non abbattute e che, spiega Tansi, «se collassassero durante il passaggio di un’automobile o di una persona potrebbero uccidere qualcuno». E Calia è un esempio emblematico, da manuale, delle conseguenze di un dissesto idrogeologico causato dalla mano dell’uomo che è andato ad occupare lo spazio che prima era di un fiume. Un fiume che si trova ora ristretto, in cui spesso le briglie «hanno la stessa quota della strada» e che non viene manutenuto.

 

Passeggiare a piedi lungo il Piazza significa dovere fare i conti con il pericolo di potervi cadere dentro. Il guardrail che lo costeggia, insidiato dai movimenti franosi, si è abbassato in diversi tratti. L’asfalto che delimita la strada si è sbriciolato e scende verso il fiume come se questo volesse riprendersi il suo spazio. Ma non solo. Il Piazza è esondato più volte, danneggiando anche il ponte, e non si può escludere che nella prossima esondazione possa scapparci il morto. Non basta, insomma, mettere una scritta “pericolo” per preservare vite umane lì dove proprio gli uomini hanno fatto una partita a scacchi barando. Le lesioni che attraversano le case sembrano uscite dalla matita di un disegnatore, precise e spesso geometriche. Le facciate sporgono verso l’esterno in direzione del fiume. Qui non abita più nessuno ma non basta lo sgombero a garantire che non ci siano tragedie. «Possiamo fregare le leggi della natura e le leggi dello Stato - avverte Tansi -  ma la natura non fa sconti a nessuno e si riprende quello è suo».

 

Giornalista
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