Riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite tra la Calabria e il Veneto. Questa l'accusa della quale rispondevano le 21 persone giudicate dal Tribunale di Crotone nel processo scaturito dall'operazione denominata Ciclope, condotta nell'aprile 2018 dalla Guardia di finanza. L'indagine, avviata nel 2015, portò a 17 arresti su 25 indagati e al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 12 milioni di euro, inclusi 118 mezzi e 3 società poste sotto amministrazione giudiziaria.

Con la sentenza emessa oggi i giudici hanno inflitto 19 condanne e pronunciato due assoluzioni ma hanno escluso il reato di associazione a delinquere finalizzata ai reati fiscali per alcuni dei principali imputati.

L'inchiesta infatti ipotizzava un presunto sodalizio criminale attivo nelle frodi fiscali e nel riciclaggio di proventi illeciti, con attività concentrate nei comuni di Cutro, Isola Capo Rizzuto, Crotone, Rocca di Neto, ma anche Belfiore e Cologna Veneta (Verona). La Guardia di finanza ha quantificato in 5.599.591 euro l'ammontare delle imposte evase.

L'indagine, avviata grazie a segnalazioni dei finanzieri di Verona, ha analizzato numerosi flussi sospetti (bonifici e assegni emessi tra il 2011 e il 2015) riconducibili alle stesse società coinvolte. Artefici del raggiro sarebbero stati Antonio Aversa De Fazio, imprenditore originario di Melissa trasferitosi in Veneto, considerato il promotore del presunto sistema, e Alfredo Minervino di Cutro, considerato la longa manus di Aversa De Fazio in Calabria.

Aversa De Fazio è stato condannato a 6 anni di reclusione per le false fatturazioni riferite agli anni 2013-2015, con confisca di beni per oltre 3,3 milioni di euro, mentre per Minervino, condannato a 6 anni di reclusione, la confisca ammonta a 939 mila euro.