Rinascita-Scott: usura, affiliazioni e talpe tra le forze dell’ordine nel racconto di Mantella

Al centro dell’esame del collaboratore di giustizia anche le soffiate ricevute dai clan sulle attività investigative e le retate scattate nel Vibonese

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di G. B.
11 maggio 2021
16:54

La ‘ndrangheta a Vibo Valentia fra danneggiamenti, usura, affiliazioni e talpe nelle forze dell’ordine. L’esame di Andrea Mantella è proseguito stamane con le domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo. La prima figura sulla quale è tornato il collaboratore è stata quella di Francesco Antonio Pardea, figlio di Raffaele Pardea.

“Sono stato io all’interno della clinica Villa Verde, quando mi trovavo ai domiciliari, a rivedere la copiata mafiosa di Francesco Antonio Pardea poiché aveva ricevuto una dote in carcere da un certo Pisano di Rosarno ma senza il nulla-osta dei Lo Bianco-Barba e anche di Domenico Camillò. Antonio Pardea è stato affiliato nel 2005 nel clan Lo Bianco ed io lo utilizzavo per fare attentati e danneggiamenti, faceva parte del mio gruppo e prima ancora lo volevo punire ma in suo favore per non toccarlo sono intervenuti i Lo Bianco-Barba e Camillò. A me – ha spiegato Mantella – si è legato attraverso Salvatore Morelli. Il padre di Antonio Pardea si chiama Raffaele Pardea ed è uno ‘ndranghetista vecchio stampo, ho sempre saputo della sua affiliazione. Raffaele Pardea aveva propositi omicidiari nei confronti di Domenico Piromalli di Vibo e dei Pugliese detti Cassarola. I Pugliese erano infatti ritenuti dai Pardea gli autori dell’eliminazione di Antonio Pardea, detto Furia”.


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