Scajola sicuro: «Il castello accusatorio è caduto. Ribatteremo punto su punto»

Breakfast, dopo la requisitoria l’ex ministro è fiducioso: «Mi aspettavo questa richiesta. Mi sono interessato in modo legale per valutare la possibilità di concedere l’asilo politico a Matacena». E il suo legale esprime soddisfazione per la mancata contestazione dell’aggravante mafiosa 

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di Consolato Minniti
4 novembre 2019
20:17
L’ex ministro Scajola
L’ex ministro Scajola

«La parte positiva di questa udienza è che il castello accusatorio del pubblico ministero è già caduto nella sua richiesta». Si esprime così l’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, a margine dell’udienza nella quale il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha chiesto una condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione per procurata inosservanza di pena in favore dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena

«Il pm non ha tenuto conto del processo»

«Oggi si è arrivati alle conclusioni del pubblico ministero – afferma Scajola – che non ha guardato l’esito del processo e delle testimonianze». Scajola sottolinea con forza la mancata contestazione dell’aggravante mafiosa nei suoi riguardi. «Per il resto ribatteremo punto per punto con i miei avvocati. Non posso che dire che io mi sono interessato affinché in modo legale, attraverso l’ambasciata, potesse essere verificata se c’era la possibilità e se rientrava nelle casistiche per poter far avere a Matacena l’asilo politico. Tutto qua. D’altra parte, il fatto stesso che non abbia avuto l’estradizione da Dubai, fa riflettere», prosegue Scajola. «Non posso che dire che il processo è durato cinque anni e mezzo, un clamore incredibile. Certo, che la richiesta di condanna per procurata inosservanza di pena dove lui è a Dubai, era a Dubai e non si è mosso da lì, non può che lasciarmi perplesso. Ma questa è l’accusa e aspetteremo con serenità la sentenza». Alla domanda se si aspettasse o meno una tale richiesta, Scajola ribatte: «Me l’aspettavo. Non posso dimenticare che, quando sono stato privato della mia libertà, sono sceso sotto la porta dell’albergo e ho trovato oltre cento operatori dell’informazione, con la strada chiusa, e si era organizzato un clamore tale che sembrava avessero catturato un grande mafioso. Mi pare che di fronte alla spettacolarizzazione che si è data, questo fosse il minimo per il pubblico ministero. Ma questa è l’accusa. Poi c’è il tribunale». Ma perché cercare una soluzione per un condannato per mafia? Scajola non si scompone: «Un condannato per concorso esterno a tre anni. E ho detto tutto». 


«Ribatteremo punto su punto»

Si ferma sul versante tecnico, invece, l’avvocato di Scajola, Patrizia Morello, la quale esprime soddisfazione rispetto alla mancata contestazione dell’aggravante mafiosa. «La procura ha preso atto e condiviso le nostre argomentazioni in merito all’insussistenza dell’aggravante sotto il versante dell’elemento psicologico, appellandosi alla giurisprudenza sul punto. Per quanto riguarda l’articolo 390 c.p. – aggiunge il legale – riteniamo di potere scalfire punto per punto gli argomenti che il pubblico ministero ha ritenuto di esporre. Innanzitutto perché è rimasto ancorato a quelle che erano le risultanze delle indagini, senza confrontarsi minimamente con le risultanze dibattimentali. Nulla di ciò che è emerso in dibattimento e ha scalfito l’esito delle indagini è stato tenuto in considerazione». 

 

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