La Dda di Catanzaro chiede gli arresti domiciliari per Manna, il Tribunale del Riesame dovrà decidere per la terza volta
La Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione del Tdl sull’accusa di scambio elettorale politico-mafioso e chiede di «rivalutare tutto il compendio probatorio»
Sulla misura cautelare all’ex sindaco di Rende Marcello Manna la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Dda di Catanzaro e ha imposto un nuovo giudizio al Tribunale del Riesame di Catanzaro.
Nel valzer di ricorsi davanti al Tribunale della libertà e alla Suprema Corte sulla misura da comminare, o meno, all’ex primo cittadino l’ultimo capitolo lo hanno scritto gli ermellini.
Marcello Manna era stato posto agli arresti domiciliari nel corso dell’operazione antimafia Reset il primo settembre 2022.
L’accusa di scambio elettorale politico mafioso
L’accusa sulla quale si fonda l’arresto è quella dello scambio elettorale politico-mafioso.
Manna, sindaco uscente e candidato alle amministrative del 2019 avrebbe accettato da Adolfo D'Ambrosio e da Massimo D'Ambrosio, vertici dell'omonimo sodalizio criminale operante nel Comune di Rende e confederato nel locale comandato da Francesco Patitucci, la promessa di procacciamento di voti n cambio della concessione dell'affidamento dei lavori al Palazzetto dello Sport di Rende e la concessione a loro prestanome di licenze per attività commerciali all'interno del Palazzetto o nell'adiacente area mercatale.
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I ricorsi sull’arresto di Marcello Manna
Il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di domiciliari di Manna il 27 settembre 2019. A marzo 2023 la Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del Riesame. Un nuovo Riesame il 25 maggio 2023 ha confermato: nessuna misura cautelare per Marcello Manna. La Dda ha proposto nuovo ricorso in Cassazione e la Suprema Corte ha nuovamente annullato con rinvio. Adesso la parola spetta, per la terza volta, al Tribunale del Riesame.
Decisione del Riesame basata «su affermazioni del tutto contraddittorie»
Gli ermellini abbracciano la tesi della Dda, secondo la quale la decisione del Riesame – che si basa sulla mancanza di elementi significativi da cui desumere lo scambio di favori tra Manna e i D’Ambrosio – è fondata «su affermazioni del tutto contraddittorie».
Importanti, da questo punto di vista, le intercettazioni. I giudici si chiedono, ad esempio, perché la stessa intercettazione valga «a dimostrare l'attivismo elettorale dei D'Ambrosio, ma non la promessa di utilità da parte del Manna».
La Cassazione: «Rivalutare tutto il compendio probatorio»
La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta di annullamento con rinvio avanzata dal sostituto procuratore generale. Secondo gli ermellini c’è «la necessità di rivalutare tutto il compendio probatorio ai fini del giudizio sull'esistenza o meno della gravità indiziaria in ordine al reato contestato, in relazione al quale va ricordato che, ai fini della prova del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, l'esistenza dell'intesa per il procacciamento di consensi elettorali con ricorso a modalità mafiose può desumersi anche in via indiziaria, mediante la valorizzazione di indici fattuali sintomatici della natura dell'accordo, quali la fama criminale del procacciatore, l'assoggettamento alla forza intimidatrice promanante dagli affiliati ad associazione di tipo mafioso e l'utilità del loro apporto per il reclutamento elettorale nella zona d'influenza, risultando, per converso, irrilevante il post factum costituito dal mancato incremento delle preferenze».
«Ritiene il collegio – scrive la Cassazione – che l'ordinanza impugnata non abbia superato la stigmatizzata precedente illegittima valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, non avendo proceduto ad una verifica completa della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari, da valutarsi in termini globali ed unitari, al fine di chiarire l'effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine…».