La ‘ndrangheta a Scilla: amicizie compromettenti, pregiudizi penali e appalti a ditte in odore di mafia - VIDEO

Ecco le motivazioni con cui il Consiglio dei ministri ha sciolto il Comune della Costa Viola. Le indagini dimostrano che il sindaco avrebbe dato soldi ad un detenuto. Coinvolti vice sindaco, consiglieri e dipendenti
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di Consolato Minniti
12 aprile 2018
08:28

«Le circostanze, analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto, hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Scilla, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità». Sono parole pesantissime quelle messe nero su bianco dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, nella sua proposta di scioglimento del consiglio comunale di Scilla.

Per la commissione d’accesso che ha lavorato diversi mesi all’interno del municipio della perla della Costa Viola, quello eletto il 31 maggio 2015 era un Consiglio che ha subito «forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata». Un’indagine svolta dalla locale Compagnia dei carabinieri, infatti, ha evidenziato «possibili legami tra gli esponenti dell’amministrazione locale e soggetti riconducibili alla locale criminalità organizzata, nonché irregolarità sulle procedure amministrative». Da qui l’indagine ispettiva che invece ha rilevato «concreti, univoci e rilevanti elementi» tanto sui collegamenti fra gli esponenti politici e la ‘ndrangheta, quanto sulle forme di condizionamento. Ed ecco allora che il quadro venuto fuori è quello di un «uso distorto della cosa pubblica» che si è concretizzato nel tempo «nel favorire soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti controindicati, per l’esistenza di una fitta ed intricata rete di cointeressenze, amicizie e frequentazioni, che lega alcuni amministratori ad esponenti delle locali consorterie criminali o a soggetti ad esse contigui».


Il sindaco Pasqualino Ciccone

La relazione prende in esame anche la figura del sindaco Pasqualino Ciccone che, proprio di recente, aveva rilasciato un’intervista a Lacnews24.it nel corso della quale affermava la sua totale estraneità rispetto a quanto deciso dal Consiglio dei Ministri, rimarcando la sua conoscenza di vecchia data con il titolare del Viminale, Marco Minniti, dicendosi dunque certo della presenza di gravi e comprovati motivi. Oggi si apprende che un capitolo della relazione del prefetto è dedicato anche a lui. «Vengono evidenziati frequenti rapporti con soggetti controindicati. Da fonti tecniche di prova, richiamate in un’ordinanza di custodia cautelare del 2011, è emerso che il predetto amministratore avrebbe anche elargito denaro in favore di un esponente malavitoso detenuto in carcere. Anche relativamente alla figura del vice sindaco sono emerse, da fonti investigative, frequentazioni con ambienti controindicati». Per il ministro «la limitata estensione del Comune e la sua contenuta dimensione demografica (…) avrebbero dovuto indurre coloro che rivestono cariche pubbliche ad esercitare un adeguato controllo sociale e ad adottare prudenziali scelte politico-amministrative e, soprattutto per quanto attiene alla sfera relazionale, un’effettiva presa di distanza dalle locali organizzazioni criminali».

Gli altri consiglieri

Gli accertamenti della commissione hanno evidenziato poi che «cinque dei dodici consiglieri assegnati al consiglio comunale sono gravati da pregiudizi di polizia e penali per varie tipologie di reato e che analoghe controindicazioni sussistono a carico di diversi esponenti dell’apparato burocratico».

I dipendenti ed il dissesto

Nei confronti di quattro componenti del consiglio comunale e di un dipendente, rimarca la relazione, «è stato disposto il rinvio a giudizio per una serie di reati, tra i quali l’abuso d’ufficio continuato in concorso e la falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici in quanto, nell’esercizio delle loro funzioni, nelle loro rispettive qualità di amministratore o dirigente di area comunale ed in violazione di norme di legge, intenzionalmente procuravano un danno ingiusto all’ente locale consistente nel determinare lo stato di dissesto e il suo progressivo aggravamento». Per la commissione «è emblematica la circostanza che nei confronti del citato dipendente rinviato a giudizio, componente dell’ufficio di disciplina, l’amministrazione comunale non ha avviato alcun procedimento disciplinare né successivamente a tali fatti ha variato la composizione del citato ufficio».

La gestione dei lavori pubblici

Ma c’è spazio anche per appalti e lavori pubblici all’interno della relazione. «Significative in tal senso – si legge – sono le ripetute anomalie e irregolarità che, come descritto nella relazione del prefetto, sono state riscontrate nella gestione dei lavori pubblici, frequentemente assegnati con il sistema degli affidamenti diretti e di somma urgenza, in assenza dei presupposti richiesti per tale tipo di affidamenti e senza lo svolgimento di procedure ad evidenza pubblica. Di particolare rilievo è la circostanza che alcune delle ditte risultate affidatarie dei lavori disposti con le modalità di assegnazione sopra descritte sono state destinatarie di informazione interdittiva antimafia». A titolo d’esempio, l’amministrazione «ha affidato, senza alcuna gara, i lavori di sgombero e pulizia di aree comunali ad un’impresa attualmente sottoposta ad amministrazione giudiziaria a seguito del sequestro preventivo ed il cui titolare è detenuto per il reato di associazione mafiosa, estorsione ed altri reati». Ma anche i lavori per la messa in sicurezza di un’area di cantiere sono stati affidati ad una società che «sin dal 2010 è stata destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia ed il cui titolare è per stretti rapporti familiari riconducibile ad un soggetto controindicato». Ci sono poi stati affidamenti a società i cui soci sono soggetti gravati da pregiudizi di polizia o penali».

Le altre anomalie

Sebbene sia fortemente diffuso l’abusivismo edilizio, «l’ente non ha posto in essere alcuna regolamentazione amministrativa del settore urbanistico, né alcuna attività di vigilanza e sanzionatoria attraverso la polizia municipale ed i competenti uffici tecnici». Così come manca un piano comunale di spiaggia, che non risulta nemmeno in corso di redazione. Ancora: «Elementi univoci che delineano il quadro di un’amministrazione pervicacemente gestita nel mancato rispetto del principio di legalità sono emersi dall’analisi dei provvedimenti di concessione dei beni comunali in merito ai quali viene evidenziato che è attualmente pendente un procedimento penale presso la locale procura, per violazione delle norme del codice delle leggi antimafia, in ordine ad una concessione demaniale rilasciata in favore di un congiunto di un esponente di spicco della locale criminalità». Significativa, per la commissione, è poi la circostanza che il locale campo di calcio «è stato concesso in comodato d’uso – in assenza della necessaria certificazione di agibilità prescritta dal Tulps – ad un’associazione dilettantistica, mentre di fatto è gestito da altra associazione sportiva che annovera tra i suoi amministratori soggetti che, per le frequentazioni e/o parentele, sono affiliati o riconducibili alla locale criminalità organizzata».

 

Anche per quanto concerne la riscossione dei tributi, essa è risultata «estremamente carente o addirittura inesistenti per quanto riguarda le posizioni debitorie della quasi totalità degli amministratori, sanate solo dopo l’insediamento della commissione d’indagine».

 

Consolato minniti 

 

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Giornalista
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