Decreto Calabria

Scricchiola lo scudo amministrativo delle aziende sanitarie contro i debiti: il Tar si rivolge alla Consulta

Dovrà valutare eventuali profili di incostituzionalità delle modifiche introdotte al Decreto Calabria bis da un emendamento che bloccava fino al 2025 le procedure esecutive dei privati verso Asp e ospedali (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Luana  Costa
7 marzo 2022
17:04

Sono finite dinnanzi alla Corte Costituzionale le modifiche introdotte al Decreto Calabria bis attraverso un emendamento proposto dai tre senatori di Forza Italia - Giuseppe Mangialavori, Fulvia Caligiuri e Marco Siclari - approvate lo scorso dicembre assieme al pacchetto di misure fiscali

Blocco azioni esecutive

Il Tar Calabria con propria ordinanza ha, infatti, sollevato la questione di legittimità costituzionale nella parte in cui il provvedimento dispone la sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle aziende del servizio sanitario della Calabria fino al 31 dicembre 2025. L'aspetto probabilmente più controverso delle modifiche introdotte al decreto Calabria bis e che dispone nei fatti una sorta di scudo amministrativo a vantaggio degli enti del servizio sanitario contro i privati, i quali non possono più attivare procedure esecutive.


Le modifiche al Decreto Calabria

«Al fine di assicurare al servizio sanitario della Regione Calabria - così dispone la legge - la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive». Tuttavia, di recente il Tar Calabria chiamato ad esprimersi su un ricorso promosso da un privato cittadino creditore dell'Asp di Crotone in virtù di una sentenza del Tribunale, ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale ravvisando profili di illegittimità costituzionale «rilevanti e non manifestamente infondati» della legge 215 del 17 dicembre 2021 per contrasto con gli articoli 24 e 113 della Costituzione.

Il Tar manda atti alla Consulta

Secondo i giudici amministrativi, questa disposizione «impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro anni l’accesso alla tutela esecutiva - si legge nell'ordinanza -. Non prevede una procedura concorsuale idonea a garantire la soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. Crea un’ingiustificata disparità tra debitore pubblico e creditori privati, tra i quali possono ben esservi soggetti socialmente o economicamente svantaggiati. Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l’articolo 24 della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad agire, anche esecutivamente».

Violazione della Costituzione

Inoltre, aggiunge ancora il Tar vi sarebbe anche una violazione dell'articolo 113 della Costituzione «che assicura sempre la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa e ne vieta l’esclusione o la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Infatti, ciò che la norma in questione determina è proprio l’impossibilità per il creditore degli Enti del servizio sanitario regionale della Calabria di ottenere dal giudice amministrativo la tutela giurisdizionale esecutiva, in ragione del provvedimento giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario».

La precedente sentenza della Consulta

La recente ordinanza si pone nel solco di una precedente sentenza emessa dalla Corte Costituzionale - lo scorso 7 dicembre - che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale di una legge (21/2021) varata dal Governo durante l'emergenza pandemica dello stesso tenore. La norma aveva, infatti, prorogato di un anno la sospensione delle esecuzioni e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale. 

Misura sproporzionata

Già in quella occasione i giudici delle leggi avevano dichiarato la misura sproporzionata e irragionevole «per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco». La legge avrebbe prodotto «effetti negativi invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato».

Giornalista
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