Imprenditori di successo organici al clan Libri: i pentiti inchiodano i Berna

INCHIESTA LIBRO NERO | Francesco è la mente, Demetrio il trait d'union fra 'ndrangheta e politica. Per il gip non possono essere ritenute vittime, ma soggetti collusi. Le accuse dei collaboratori di giustizia riguardano anche la carriera politica dell'ex assessore comunale al Bilancio 

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di Consolato Minniti
31 luglio 2019
19:10
Francesco e Demetrio Berna
Francesco e Demetrio Berna

«Si scrive Berna, ma si legge Libri». Basterebbero solo queste poche parole del pentito Enrico De Rosa a delineare cosa, secondo la Dda, rappresentano i fratelli Demetrio e Francesco Berna (questi presidente regionale Ance che oggi si è autosospeso dall'incarico). Due imprenditori molto attivi nel territorio di Reggio Calabria ma ritenuti appartenenti alla potente cosca di Cannavò. «Francesco – scrive il gip – è certamente più carismatico, è l’anima imprenditoriale, la mente, a cui si unisce la figura di Demetrio».

 


Le dichiarazioni dei collaboratori

Sono tre i collaboratori di giustizia che parlano dei fratelli Berna, individuandoli come volto imprenditoriale dei Libri. La storia lavorativa della famiglia nasce già negli anni novanta, quando la ditta riconducibile ai germani Berna iniziò a godere della protezione di Pasquale Libri ottenendo così lucrosi appalti in Piemonte ed in Lombardia. Come sostenuto dal pentito De Rosa, però, l’intervento del capo cosca si ebbe anche in altre circostanze, ossia in occasione della realizzazione di lavori in via Pentimele ed in via Possidonea. Fu Libri in persona ad attivarsi per trovare un’intesa con la famiglia De Stefano egemone in quel territorio.

Non vittime di mafia, dunque, ma personaggi organici alla stessa. Tanto che in occasione dei lavori in via Possidonea, fu indetto un vero e proprio summit alla presenza di Giorgio Condello (ramo De Stefano) proprio perché doveva essere un confronto fra accoscati. I Berna, dunque, operavano anche fuori dal territorio di competenza dei Libri, come, ad esempio, alle spalle degli uffici Enel, dove intervenne anche la cosca Ficara-Latella per dare il proprio assenso.

I fratelli Berna, dunque, sarebbero stati sempre a disposizione del clan di Cannavò. Come accaduto per l’esercizio commerciale adibito a sala scommesse in piazza Duomo, dove la cosca ha potuto riciclare i proventi delle attività illecite.

 

Imprenditori collusi

Per il gip non può dubitarsi che i Berna siano «imprenditori collusi» con la ‘ndrangheta, con un rapporto che dà reciproci vantaggi e mutua solidarietà». Non possono essere ritenuti vittime della criminalità organizzata. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la loro identificazione come “uomini dei Libri” aveva indotto i Berna a non esporsi, facendosi vedere con personaggi notoriamente appartenenti alla ‘ndrangheta, fornendo – secondo il gip – la misura della consapevolezza degli indagati di operare in un contesto illecito, al servizio della criminalità organizzata.

 

Demetrio, il trait d’union fra ‘ndrangheta e politica

È la carriera politica di Demetrio Berna a farne un trait d’union con la ‘ndrangheta. Questi, infatti, è stato sia consigliere comunale che assessore al bilancio al Comune di Reggio Calabria. E, secondo il racconto fatto dal pentito De Rosa, fu Sonsogno a sollecitare l’intervento di Filippo Chirico – e dunque di Berna – per evitare che una variante al Prg potesse ostacolare la speculazione edilizia che Mico Tatù aveva in mente di realizzare. Ma non c’è solo De Rosa ad accusare i Berna. Anche il nuovo pentito Mario Chindemi, infatti, narra che gli fu impedito di taglieggiare, su espressa richiesta dell’autorevole esponente della cosca Condello, Andrea Vazzana, la ditta dei Berna in un cantiere di Gallico. Vengono poi citati anche i subappalti che i Berna diedero a ditte comunque riconducibili alla consorteria dei Libri.

Ulteriori elementi, riferibili a Demetrio Berna, si rinvengono nelle dichiarazioni di De Rosa che riporta quelle di Mimmo Presto, con riferimento alle consultazioni comunali del 2007. Nello studio di Tortorella, infatti, vi erano anche Alessandro Nicolò e Totò Presto ed i conversanti facevano riferimento esplicito a patti politico-mafiosi, con consensi elettorali in cambio di lucrosi appalti ed incarichi ben retribuiti, stretti da Demetrio Berna (e Nicolò) con esponenti della consorteria dei Libri ed i Presto.

Non sfugge neppure il summit tenutosi all’agriturismo “Le agavi” di Saline Joniche cui presero parte Demetrio Berna, Alessandro Nicolò e gli esponenti delle famiglie Libri-Caridi. Una riunione che viene definita «più mafiosa che politica», vista la caratura dei personaggi.

Anche il pentito Moio, infine, ha indicato Demetrio Berna come «politico legato ai Libri di Cannavò» oltre che sostenuto anche dalla cosca Tegano e, nello specifico, da Alberto Rito e Mario Surace.

In conclusione, dunque, i Libri si pongono quali punti di riferimento della consorteria dei Libri all’interno delle istituzioni pubbliche elettive locali e dell’imprenditoria, rimanendo «costantemente e incondizionatamente a disposizione degli affiliati». Per il gip, «il rapporto con i Libri ha assunto un carattere clientelare stabile, continuativo e fortemente personalizzato, e può implicare il riconoscimento di un “ruolo” per entrambi all’interno del sodalizio mafioso alla luce del fatto che le loro azioni sono ispirate dalla precisa volontà di tutelare gli interessi della consorteria a cui devono rendere conto».  

Giornalista
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