Chi non fa, non viene messo in discussione. È con questa premessa che si può raccontare lo spaccato andato in onda su Quarta Repubblica, dove quello che molti hanno definito uno “scontro” ha in realtà rivelato un dibattito più complesso.

Dopo le dichiarazioni del procuratore e segretario di Magistratura Democratica, Stefano Musolino, è stata una telefonata piuttosto scomposta di Luca Palamara a spostare il focus dalla riforma della giustizia a questioni evidentemente personali.

Musolino non ha nascosto la convinzione che il “sistema” svelato dall’ex toga «condannata» «non esista più». Palamara, collegato al telefono, ha reagito con visibile irritazione, rievocando il passato e le indagini che avrebbero riguardato lo stesso Musolino prima che diventasse magistrato. Da lì all’accusa di «doppia morale pelosa» il passo è stato breve.

Musolino, senza perdere il suo aplomb, ha replicato ricordando come fosse stato proprio Palamara ad archiviare quell’indagine, e ha mostrato una certa comprensione umana per l’ex collega:
«Si vede che è sofferente. Ma se Palamara viene considerato un vate, allora vuol dire che abbiamo un problema».

Il dibattito è poi tornato al tema centrale caro al magistrato: la necessità di informare i cittadini sul referendum che, in primavera, li chiamerà a esprimersi su una riforma della giustizia sempre più spostata sul piano politico.

Nel confronto con Bruno Vespa e Alessandro Sallusti, Musolino ha discusso del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), della riforma Nordio e del rischio che, in futuro, i pubblici ministeri possano finire sotto il controllo del governo.

«Serve un Csm autorevole che protegga i magistrati. Se non si sentiranno garantiti, saranno timorosi», ha detto Musolino, ricordando gli attacchi mediatici subiti da alcuni giudici:
«Una giudice siciliana, particolarmente colpita da queste campagne, si è dimessa perché non riusciva più a tollerare il costo personale di tali attacchi. È un trend internazionale: lo vediamo anche negli Stati Uniti, con Trump protagonista. Per questo serve un organo capace di difendere i magistrati, altrimenti, per paura, saranno più cauti e tuteleranno meno i diritti dei più deboli».

Sul tema del sorteggio dei componenti del Csm, Musolino ha espresso il timore che possano entrare nell’organo persone non sufficientemente competenti.

«Siamo stati preoccupati di essere trascinati nell’agone politico — ha spiegato —. Abbiamo deciso, come associazione magistrati, di promuovere un comitato per il No, per offrire un contributo informativo. Non si tratta di una battaglia politica, ma di democrazia: vogliamo che gli italiani possano votare da cittadini informati».

Per Musolino, la libertà resta il valore da difendere: perché di fronte a una riforma che può cambiare radicalmente il modo in cui i diritti vengono garantiti, l’unica vera arma è la conoscenza — quella che già i filosofi ellenici consideravano antidoto al potere e alla tirannia dell’ignoranza.