Depistaggi, menzogne e ritrattazioni: ecco perché Petrini torna in carcere

Centrali le intercettazioni dell'ex giudice della Corte d'appello di Catanzaro con la moglie, oggi indagata, che tentava di indurlo al silenzio : «A Lamezia Terme non ci puoi tornare perché vengono e ti sparano»

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di Luana  Costa
29 aprile 2020
14:06

Marco Petrini avrebbe mentito. Avrebbe mentito durante gli interrogatori davanti ai pubblici ministeri e in più circostanze. È questa la ragione che ha, infine, indotto il Gip del Tribunale di Salerno a disporre un aggravamento della misura cautelare nei confronti dell'ex presidente di sezione della Corte d'Appello di Catanzaro, Marco Petrini, arrestato lo scorso gennaio nell'ambito dell'inchiesta "Genesi" con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. 

 


False dichiarazioni 

La misura cautelare era poi stata alleggerita e tramutata in arresti domiciliari anche per via della collaborazione dimostrata con i pubblici ministeri di Salerno. L'evolversi delle indagini ha però fatto emergere discrasie nelle dichiarazioni rese durante quegli interrogatori. Le accuse di Marco Petrini in alcuni casi si sarebbero dimostrate false. Gli episodi ricostruiti dalla Procura sono almeno due.

 

Depistaggio

Nell'interrogatorio reso il 5 febbraio scorso Marco Petrini si autoaccusava, confermando di aver ricevuto, attraverso un avvocato del foro di Crotone, da Vincenzo Sculco due biglietti di tribuna vip per assistere alle partite di calcio Crotone Milan in cambio di un provvedimento di estinzione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici che sarebbe stata adottata in favore di Sculco. In parte le dichiarazioni trovavano il conforto delle prove; durante le perquisizioni eseguite nell'abitazione del magistrato, le fiamme gialle di Crotone trovavano le dichiarazioni di cessione dei biglietti nominativi a firma di Vincenzo Sculco in favore di Marco Petrini. Tuttavia, il collegio chiamato ad esprimersi sul provvedimento di estinzione della interdizione dai pubblici uffici in favore di Vincenzo Sculco non era composto da Marco Petrini e l'ordinanza ancorché di accoglimento risultava essere di non luogo a procedere.

 

Gli affari dei Vrenna

Sempre nello stesso interrogatorio l'ex presidente della Corte d'Appello raccontava ai pubblici ministeri di Salerno di aver ricevuto 5mila euro dall'ex procuratore della Repubblica di Crotone, Franco Tricoli, che si sarebbe macchiato della corruzione in qualità di amministratore del "trust" facente capo ai Vrenna e, dunque, per conto di un componente della famiglia. La stessa accusa veniva estesa anche ad un altro magistrato che, secondo quanto affermato da Marco Petrini, avrebbe fatto parte del collegio, in qualità di relatore di un processo chiamato a decidere un'istanza di revoca di una confisca. Ebbene, secondo la ricostruzione della Procura, non solo il magistrato tirato in causa da Petrini non era componente di quel collegio ma addirittura il magistrato successivamente ritrattava la circostanza in un successivo interrogatorio. 

 

I morsi della coscienza?

È il 17 aprile, quando Marco Petrini nuovamente sentito dai pubblici ministeri di Salerno, ritratta gran parte delle dichiarazioni rese nei precedenti interrogatori: la ragione è un «profondo stato di prostrazione. Solo a partire dal 2 marzo - confessa il magistrato ai pm - quando è partito un percorso spirituale e di purificazione interiore ho potuto riflettere e mi sono riproposto di attendere un successivo interrogatorio per correggere talune delle mie dichiarazioni precedenti. Resta ferma la mia volontà di collaborare sinceramente». Con queste parole l'ex presidente di sezione della Corte d'Appello di Catanzaro pone una pietra tombale su una parte delle accuse rivolte, in particolare, ad almeno tre magistrati del distretto catanzarese «stravolgendo, al contempo, la ricostruzione di una vicenda corruttiva - affermano i pm di Salerno - emersa nel corso delle indagini».   

 

L'ingerenza della moglie

Centrale, per la Procura, in questo mutamento d'atteggiamento del magistrato sarebbe stata l'ingerenza della moglie che intercettata dalle fiamme gialle di Crotone metteva in guardia il marito dal ritornare a Lamezia Terme "perchè vengono e ti sparano". La donna è oggi indagata per induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria. La Procura di Salerno contestualmente all'avviso di garanzia ha anche emesso un decreto di perquisizione e sequestro.

Giornalista
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