La richiesta

Centoventimila euro per corrompere un giudice. Invocati sei anni anche in appello per l’avvocato Veneto

Il penalista è accusato di corruzione in atti giudiziari aggravata e concorso esterno in associazione mafiosa. Coinvolti anche esponenti della cosca Bellocco

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di Alessia Truzzolillo
13 febbraio 2024
19:31
Aula tribunale
Aula tribunale

Il procuratore generale di Catanzaro ha chiesto la conferma della condanna a sei anni di reclusione nei confronti dell'avvocato Armando Veneto accusato di corruzione in atti giudiziari aggravata dal metodo mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa per avere tentato di corrompere un giudice. Il 25 febbraio 2022, il gup Matteo Ferrante – accogliendo le richieste del pm Veronica Calcagno – ha condannato tutti gli imputati coinvolti nell’abbreviato: Rosario Marcellino, 4 anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari; Domenico Bellocco classe ’77, sul quale grava l’accusa di corruzione in atti giudiziari, condannato a 6 anni di reclusione; Giuseppe Consiglio, 6 anni (condannato per corruzione e concorso esterno); Vincenzo Albanese, 2 anni (condannato per la corruzione mentre per il concorso esterno gli atti sono stati restituiti alla Procura come richiesto dal pm). In appello il Pg ha chiesto la conferma di questa sentenza.

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La vicenda

I fatti risalgono al 2009 e nelle indagini compare la figura del giudice Giancarlo Giusti (morto suicida a marzo del 2015) che, stando alla ricostruzione dell’accusa, in qualità di magistrato componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, nell’udienza del 27 agosto 2009, annullò l’ordinanza di carcerazione emessa dal gip nei confronti dei componenti della cosca Bellocco (arrestati nel corso dell’operazione “Rosarno è nostra 2”) dai quali avrebbe ricevuto, secondo l’accusa, in cambio del provvedimento favorevole emesso nei loro confronti, 120mila euro (40mila euro ciascuno). I tre indagati favoriti, sarebbero stati Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo (già giudicati separatamente) e Domenico Bellocco classe ’77.


A fare da intermediari sarebbero stati l’avvocato Armando Veneto, Gregorio Puntoriero, Vincenzo Puntoriero. Secondo l’accusa di concorso esterno gli indagati Armando Veneto, Vincenzo Puntoriero, Gregorio Puntoriero, Vincenzo Albanese, Giuseppe Consiglio, Rosario Marcellino avrebbero favorito la cosca Bellocco di Reggio Calabria ponendosi quale trait d’union tra la cosca e il giudice del Riesame con conseguente scarcerazione di tre di essi, collocati ai vertici del sodalizio, contribuendo «a garantire la prosecuzione della vita dell’associazione di ‘ndrangheta ed in particolare della cosca Bellocco, per poter riaffermare e rafforzare il potere della stessa attraverso la ripresa operativa sul territorio dei ruoli che ciascuno dei tre soggetti posti in libertà vi ricopriva, con inevitabile vantaggio della associazione mafiosa, peraltro in un frangente di particolare fibrillazione interna al sodalizio criminale, determinato dall’intervento repressivo dell’autorità giudiziaria, volto ad arrestare l’agire contra legem dei sodali della cosca, funzionale al raggiungimento degli scopi associativi della cosca stessa». Nel collegio difensivo gli avvocati Gianfranco Giunta, Clara Veneto, Giuseppe Milicia, Letterio Rositano

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