Un 70enne bisognoso di cure specialistiche si trova un una struttura di Montalto Uffugo mentre il Don Mottola di Drapia attende la convenzione. La famiglia: «Non possiamo stargli accanto perché l’Asp non ci ascolta e non possiamo stargli accanto»
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Ennesimo paradosso di una sanità calabrese sempre più “matrigna” e mai madre per i suoi figli. Nel cuore della provincia di Vibo Valentia esiste una struttura di settore d’eccellenza: l’Rsa medicalizzata “Don Francesco Mottola” di Drapia, regolarmente accreditata dalla Regione e dotata di servizi all’altezza delle necessità assistenziali più complesse. Eppure gli ammalati di questo territorio si ritrovano ancora oggi costretti ad emigrare in altri “lidi” e a convivere con le loro patologie e i loro drammi a chilometri di distanza dai propri familiari. È il caso di A. R. , 72enne pensionato di Mileto con gravi disabilità a cui, di fatto, dal sistema sanitario regionale viene negata la possibilità e il diritto di accedere alla vicina struttura alle porte di Tropea, destinandolo invece a una medesima realtà assistenziale della provincia di Cosenza.
A raccontare al network LaC il calvario che stanno vivendo lui e i suoi familiari, è oggi la moglie dello sfortunato cittadino, «paziente che, in seguito a un grave evento traumatico, convive con importanti disabilità motorie e cognitive. Mio marito è costretto su una sedia a rotelle o a letto, soffre di afasia e disfagia e viene nutrito esclusivamente tramite Peg (Gastrostomia endoscopica percutanea) – sottolinea la consorte visibilmente affranta – modalità che consente la somministrazione delle terapie salvavita. Il suo stato di salute richiede cure continue e altamente specialistiche, erogabili in strutture sanitarie adeguate. La lunga odissea è iniziata alla fine di dicembre 2024, mentre si trovava fuori regione. Dopo numerose difficoltà è riuscito a rientrare in Calabria, dove è stato accolto dalla clinica riabilitativa Sant’Anna di Crotone.
Dopo due mesi di ricovero, il centro ha dichiarato concluso il percorso riabilitativo per quanto di sua competenza, pur riconoscendo che il paziente non aveva riacquistato alcuna autonomia. Da lì il trasferimento. Ma non verso una struttura nella provincia di residenza – aggiunge costernata – bensì a oltre 150 chilometri di distanza, a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. Un viaggio non solo fisico, ma anche umano, che lo ha allontanato dalla nostra famiglia, negandogli la possibilità di vivere con il sostegno quotidiano dei propri cari, elemento fondamentale nel percorso di cura e nella qualità della vita». Continua a leggere su il Vibonese.it.