Zoomafie, i reati contro gli animali che foraggiano le ‘ndrine

Dal Rapporto “Crimini e animali” curato dall'Osservatorio Zoomafia della Lav emerge uno spaccato di combattimenti cruenti, corse clandestine e traffici di esemplari di razza gestiti dalla più potente organizzazione criminale d’Italia

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di Redazione
11 luglio 2018
11:07

L'anno scorso in Italia ogni 55 minuti è stato aperto un nuovo fascicolo per reati contro gli animali, ogni 90 minuti è stata indagata una persona: complessivamente le denunce sono aumentate del 3,74%. Sono alcuni dei dati - desunti dai report dell'82% delle procure - contenuti nella 19esima edizione del Rapporto Zoomafia "Crimini e animali" curato dall'Osservatorio Zoomafia della Lav con il patrocinio del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri e della Fondazione Antonino Caponnetto.


Dall'analisi dei crimini consumati si evince che il reato più contestato resta quello di maltrattamento di animali, pari al 31,19% del totale dei procedimenti. Seguono "uccisione di animali" (30,9%), "reati venatori" (17,1%), "abbandono e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura" (14,6%), "uccisione di animali altrui" (4,8%), "traffico di cuccioli" (0,6%), "organizzazione di combattimenti tra animali e competizioni non autorizzate" (0,3%). "spettacoli e manifestazioni vietati" (0,2%).
La procura di Brescia si conferma nel 2017 quella con più procedimenti iscritti per reati contro gli animali (527, il 52 riguardanti reati venatori). Seguono altre città, tra cui Locri.



Sos combattimenti

Quello dei combattimenti è un vero affare per la criminalità, grande e piccola, con migliaia di animali vittime ogni anno. «Si tratta di un fenomeno complesso - spiegano gli autori del Rapporto - che coinvolge soggetti diversi: i casi più diffusi fanno capo a delinquenti locali, teppisti di periferia, sbandati, allevatori abusivi e trafficanti di cani cosiddetti “da presa”. Non mancano però casi riconducibili alla criminalità organizzata: esiti giudiziari hanno accertato il coinvolgimento di elementi appartenenti alla camorra, alla sacra corona unita, al clan Giostra di Messina e ad alcune 'ndrine.
Ritrovamenti di cani con ferite da morsi o morti con cicatrici riconducibili alle lotte, furti e rapimenti di cani di grossa taglia o di razze abitualmente usate nei combattimenti, sequestri di allevamenti di pit bull, pagine Internet o profili Facebook che esaltano i cani da lotta, segnalazioni: questi i segnali che indicano una recrudescenza del fenomeno.

 

Corse clandestine di cavalli

La presenza della criminalità nel mondo dei cavalli, delle corse e degli ippodromi è sempre stata forte. La conferma arriva da recenti inchieste che hanno rivelato l'interesse di alcuni gruppi mafiosi per le corse illegali di cavalli. I numeri relativi alle corse clandestine e alle illegalità nell'ippica parlano da soli: nel 2017 sono stati 15 gli interventi delle forze dell'ordine, 6 le corse clandestine bloccate, 61 le persone arrestate e 20 i cavalli sequestrati. Ben 66 cavalli che l'anno scorso hanno partecipato a gare ufficiali sono risultati positivi a qualche sostanza vietata.


Il traffico di cani

Il business legato alla gestione di canili “illegali”, così come il business sui randagi, denuncia Zoomafia 2018, «mantiene intatto il suo potenziale criminale che garantisce agli sfruttatori introiti sicuri e cospicui, grazie a convenzioni con le amministrazioni locali per la gestione dei canili. Il business randagismo è una vera manna per trafficoni, imbroglioni e affini che mirano alle convenzioni con gli enti locali». Anche la situazione del randagismo in alcune aree della penisola continua ad essere una vera emergenza, con conseguente allarme sociale e preoccupazioni vere o presunte per la sicurezza pubblica. Cani tenuti in pessime condizioni igieniche, ammalati e non curati, tenuti in strutture fatiscenti, sporche e precarie, animali ammassati in spazi angusti, denutriti: questi alcuni dei casi accertati. Anche la tratta dei cuccioli dai Paesi dell'Est si conferma uno dei business più redditizi che coinvolge migliaia di animali ogni anno e che vede attive vere e proprie organizzazioni transazionali: tra i denunciati, oltre naturalmente ad italiani, russi, ungheresi, bulgari, serbi, moldavi, ucraini, slovacchi, romeni.

 

Allarme bracconaggio

Nel contrasto al traffico internazionale di fauna nel 2017 sono stati sequestrati 8.868 specimen (animali vivi, morti o parti derivate), contestati 124 illeciti penali e 82 illeciti amministrativi per un ammontare di oltre 529.600 euro di sanzioni. Il valore di quanto sottoposto a sequestro è pari a 1.139.623 euro. Anche il bracconaggio continua a manifestare la sua pericolosità: secondo gli autori del rapporto, «i sequestri di armi clandestine testimoniano il forte interesse della criminalità organizzata per alcune attività illegali contro la fauna selvatica. Recenti inchieste hanno accertato gli interessi di alcune ‘ndrine per la caccia di frodo e la vendita di fauna selvatica. Note le infiltrazioni, soprattutto al sud, di personaggi malavitosi nella cattura e vendita di cardellini e altri piccoli uccelli. In alcuni territori l'uccellagione e i traffici connessi o il bracconaggio organizzato sono sotto il controllo dei clan dominanti». Sequestrati armi clandestine, trappole esplosive, munizioni, esplosivi, visori notturni e puntatori a intensificazione di luminosità, fucili illegali.

 

La “cupola del bestiame”

La penetrazione della criminalità organizzata nel mondo degli allevamenti, della macellazione e della distribuzione della carne «trova un'evidente conferma dai provvedimenti adottati dalla magistratura e dai sequestri della polizia giudiziaria: terreni, allevamenti di bovini e ovini, aziende zootecniche. Ogni anno scompaiono nel nulla circa 150.000 animali».
Abigeato, falso materiale, falso ideologico, percezione illecita di fondi pubblici, traffico di farmaci vietati, associazione per delinquere, traffico di sostanze dopanti, maltrattamento di animali, macellazione clandestina, pascolo abusivo, ricettazione, intestazione fittizia di beni, introduzione di animali in fondo altrui, truffa aggravata, uccisione di animali, commercio alimenti nocivi: sono solo alcuni dei reati accertati nel corso del 2017 tra le illegalità negli allevamenti e nel commercio di alimenti di origine animale. Diverse le forme di macellazione clandestina, che vanno da quella domestica, o per uso proprio, a quella organizzata, riconducibile a traffici criminali, da quella collegata alla caccia di frodo a quella etnica.

 

“Malandrinaggio” di mare

Nel business del pesce non manca l'infiltrazione della mafia o della camorra che, come diverse inchieste hanno accertato, sono infiltrate in società operanti nel settore ittico. «In Calabria - spiega il Rapporto - la cosca Muto è riuscita a influenzare l'economia locale, monopolizzando, con modalità mafiose, l'offerta di pescato, principale fonte di finanziamento della struttura criminale».


Uso di animali a scopo intimidatorio

L'uso di animali come arma o come "oggetti" per intimidire è molto diffuso nella cultura mafiosa e rappresenta un fenomeno che non si può facilmente prevenire. Il recapitare parti di animali rappresenta l'1,65% delle modalità di intimidazione e minacce: teste mozzate di cinghiali e capretti, gatti morti, uccelli decapitati. A volte «la minaccia si trasforma in uccisione degli animali domestici: un modo non solo per intimorire, ma per colpire negli affetti più cari». In forte aumento anche il furto di cani: rubati il più delle volte per il loro valore economico, finiscono poi al mercato nero o usati come riproduttori. I più a rischio sono i cani di razza con pedigree importanti, campioni di bellezza, o campioni di caccia: non mancano i rapimenti con annesse richieste di riscatto.

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