La donna della quale voglio raccontarvi è scappata dalla Calabria, da Reggio, da una famiglia borghesissima e cattolicissima, seguendo la lezione di Simone de Beauvoir per guadagnarsi da vivere ogni giorno, per assicurarsi, come donna, l’autonomia intellettuale. Nel 1956 si trasferisce a Roma, in una - pur piccola - stanza tutta per sé, - per realizzare ciò che i suoi genitori considerano una follia scandalosa, ma che per lei rappresenta il sogno: il giornalismo.

Stiamo parlando di Adele Cambria, intellettuale, scrittrice e anche attrice per Pasolini, ma soprattutto femminista, a partire dall’adesione al gruppo Rivolta femminile fondato da Carla Lonzi negli anni Settanta. Giornalista che parte, sì, dalle cronache mondane ma che va molto al di là come i diritti delle donne, la maternità, l’emancipazione femminile.

Donna libera anche dal punto di vista professionale, famosa per i suoi ricorsi alle dimissioni: Adele non ubbidisce a nessun potere, vuole appartenere solo a se stessa. Ed ecco arriva Dopo Didone, il suo primo romanzo. Ha il coraggio di ricostruirsi una vita dopo la separazione dal marito e non pensa affatto di buttarsi nel rogo. Riscrive il mito, si affranca. 

Ha alle spalle una fanciullezza piena di divieti - La casa meridionale è umiliazione del cuore. La sua infanzia aggrappata ai balconi: pensate che sua madre, pur sostenendola negli studi, l’accompagnava alle lezioni all’università a Messina (perché Giurisprudenza era una facoltà frequentata da maschi) e dietro quei balconi ci rimarrà anche lei quando Adele tornerà a Reggio.

Tu chiusa dentro, in casa, / sigillata serravi, / tra le mani, / inerme, implume, tremenda / la vergogna ormai pubblica / (il comizio) / di una figlia come me.

Adele si cimenta nella rilettura del Nume Marx come teorico dell’amore, progetto nato in collaborazione con un’altra donna, ma proseguito da lei sola perché c’era Intanto, il conflitto di potere: le donne avendone avuto storicamente poco, non ne vogliono cedere all’altra (donna) neppure un centimetro. Quindi in un libro insieme questione di spazio… E così noi donne, esuli in un universo maschile, seguitiamo a combatterci l’una con l’altra, invece di combattere l’Altro; e la conclusione è che Marx era arrivato alla soglia del femminile e poi è tornato indietro. Il massimo cui arriva il pensiero maschile è “fingere” che nell’essere umano generico che si nomina, purtroppo, soltanto con la parola “uomo” sia compresa anche la donna.

Per non parlare della ricerca sul patriarcato attraverso le tre donne che ruotano intorno a Gramsci – la moglie e le due cognate – e che si concentra sulla svalorizzazione secolare della donna. Uno scavo nell’amore romantico frutto del rapporto padre-figlia.

Adele, insomma, così come faceva per le sue cronache da giornalista, andando a vedere con i propri occhi, ha fatto la stessa cosa nei confronti della questione femminile. È andata a vedere ma ha soprattutto indagato, scavato, analizzato. E non era un fatto politico. No. Era una questione di vissuto, di vita, di coerenza. Non sono dura, sono coerente. E la conclusione è tutta nel titolo del suo dialogo che sarà messo in scena a teatro: “Non ci sono risposte compagno Gramsci... non ancora alle tue domande.” E quando ci saranno queste risposte sul rapporto tra Amore e rivoluzione?

Una donna libera e indipendente nel pensiero, non asservita, fedele ai propri ideali fino alla fine, sempre con la voglia di tornare nella terra dalla quale era andata via per emanciparsi. Si vede che il Sud – poiché sono meridionale – rimane attaccato alle ossa. Scrive nel diario di Accattone, film di Pasolini, nel quale interpreta il ruolo di una donna simbolo della sottomissione che combatte: E lei, salda, con questa cintura di figli intorno, che la divorano, a faticare, ad aspettare. Chi sa mai perché sono io che ho la faccia di Nannina, pensavo, certamente, puerilmente offesa.

Una donna che sa sperimentarsi, che sa fuggire, viaggiare, tornare. Dissociarsi dalla violenza - come farà col delitto Calabresi – e lottare con passione e dedizione per la causa femminile.

E le donne? Siamo state, in questi ultimi vent’anni, le protagoniste dell’unica rivoluzione, e per di più non violenta, che abbia mai avuto il nostro paese. E Adele Cambria lo è stata, protagonista del mondo culturale romano - e italiano - dei suoi tempi, del giornalismo d’impegno e della letteratura per ridare voce alle donne.

Per andare Oltre Didone, per liberarsi degli stereotipi di ruolo, del sistema del potere maschile, ci vuole il coraggio e la capacità di guardare fino in fondo, e andare oltre. E, Adele Cambria, questo coraggio lo ha avuto.