Bernard Dika, il fenomeno della nuova politica: «Basta rassegnarsi al peggio»

Il giovane studente, ospite della trasmissione Pubblica Piazza condotta dal direttore Pasquale Motta, ha affrontato diversi temi tra cui quello dell’immigrazione, dell’accoglienza, delle questioni occupazionali e di politica: «Cosa possiamo fare per cambiare le cose?»

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di G. D.A.
17 aprile 2019
17:15
Il giovane studente Bernard Dika
Il giovane studente Bernard Dika

Venti anni, idee chiare e parole che pesano come sassi. L’alfiere della Repubblica Bernard Dika, ospite di Pubblica Piazza, la trasmissione condotta dal direttore di LaCnews24.it Pasquale Motta, ha portato con sé tutto il suo carisma e vitalità. Di origini albanesi ma italiano al cento per cento, già presidente del Parlamento regionale degli studenti della Toscana, ha ricevuto dal presidente Sergio Mattarella la benemerenza quale “alfiere della Repubblica Italiana”. Numerose sono le iniziative portate avanti per mantenere viva la memoria sul periodo nazifascista. Celebre il suo discorso, diventato virale, davanti ai cancelli di Auschwitz: «Se c’è un problema per un essere umano, diverso e lontano da noi, quel problema ci interessa» aveva rimarcato nel toccare temi di scontro politico quali immigrazione e accoglienza: «Noi giovani studenti della Toscana vogliamo un’Europa di pace», aveva ribadito.

«Basta rassegnazione»

Tra i punti affrontati, durante il format targato LaC Tv, l’importanza dell’impegno in prima persona: «Se i giovani vogliono cambiare la politica devono farlo con libertà e indipendenza». Prima dei partiti, idee e proposte: «Voglio che la mia generazione vedesse la politica come potere, potere di cambiare le cose». Dika, ma anche Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese impegnata nel sensibilizzare sui cambiamenti del clima, gli esempi positivi per i giovani non mancano: «Non siamo bravi, siamo ragazzi normali», precisa il ragazzo che ha anche parlato dell’incontro con diversi studenti in Calabria: «Leggo nei loro occhi rassegnazione, perché per loro il futuro c’è ma da un’altra parte. Non ci sarà futuro se non c’è ribellione». Quindi il problema occupazionale e la mancanza di meritocrazia, che spegne gli entusiasmi e costringe tanti ragazzi a scappare. A ciò s’aggiunge un altro tassello, la “fama” della Calabria quale terra di ‘ndrangheta fuori dai confini nazionali: «Bisogna abbattere le etichette. Cosa possiamo fare per cambiare la realtà?».


L'affondo al Pd

Nel confronto, si è anche parlato del Partito democratico: «Il problema – fa presente il giovane – è che non si costruisce una proposta chiara da presentare agli italiani, si aspetta la caduta del Governo che sta facendo di tutto per cadere da solo, e poi si vedrà. Si parla male e non si illustrano le idee». La visita in Calabria ha infine offerto uno spunto sulle vicende di Riace: «Sono stato lì e ho parlato con la gente. Tante persone mi hanno detto che sono stati proprio i migranti a rivitalizzare un borgo altrimenti deserto». Con il decreto sicurezza «Salvini ha detto “Fuori tutti” ma tante persone sono finite per strada con il rischio di rimanere coinvolti dalla mafia, finire in situazioni di caporalato e sotto i ponti». g.d'a.

 

 

 

Giornalista
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