Il fascino delle creature immaginate come sorveglianti dello Stretto di Messina vive in versi e prosa: dall'Odissea di Omero alla letteratura folkloristica. E poi nei racconti di Saverio Strati e nelle leggende popolari. Per ricordare le sfide e i passaggi pericolosi in una terra che non smette di resistere
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Nelle acque tempestose e affascinanti dello Stretto di Messina, tra la punta della Calabria e la costa siciliana, si nasconde da secoli uno dei miti più antichi e affascinanti della civiltà occidentale: quello di Scilla e Cariddi. Due mostri marini, nati dall’immaginazione degli antichi Greci, sorvegliavano quel tratto di mare, rendendolo temuto da tutti i marinai. Scilla, una volta ninfa bellissima, trasformata in creatura orrenda da un incantesimo, viveva tra le rocce, pronta ad afferrare chiunque le si avvicinasse. Cariddi, invece, era un’enorme creatura capace di risucchiare l’acqua del mare e poi risputarla con violenza, formando vortici pericolosi e inarrestabili. Oggi potremmo definirli 'tsunami'.
Nell’Odissea, Ulisse, per tornare a casa, è costretto a passare proprio in quel punto: se si avvicina troppo a Scilla, perde alcuni dei suoi uomini; se tenta di evitare lei, rischia di essere risucchiato da Cariddi. Davanti a questo bivio terribile, Ulisse sceglie di sacrificare pochi per salvare i molti: una lezione dura, che ancora oggi si tramanda come simbolo di quelle scelte difficili in cui ogni opzione comporta una perdita. “Essere tra Scilla e Cariddi” è diventato così un modo di dire, che significa proprio questo: trovarsi tra due mali, costretti a scegliere il meno peggio. Purtroppo la vita è questa e la letteratura deve educarci alla scelta. Ogni scelta implica una rinuncia, spesso difficile. Il problema della scelta nell'umano proviene proprio da questa impossibilità a sacrificare una cosa piuttosto che un'altra.
La Calabria, terra antica e selvaggia, è parte viva di questa leggenda. Non è solo uno sfondo geografico, ma la vera protagonista. Le sue coste rocciose, il suo mare profondo e misterioso, il suo cielo spesso carico di vento raccontano ancora oggi il respiro del mito. In particolare, la città di Scilla, affacciata sullo Stretto, porta nel nome e nelle pietre la memoria di quella creatura leggendaria che, secondo i racconti, viveva nascosta tra le sue grotte.
Quando Omero, nell’Odissea, parla di Scilla e Cariddi, ci descrive non solo due mostri, ma anche due forze della natura che incutono timore e rispetto. Dietro la narrazione epica, però, c’è una realtà concreta: le acque dello Stretto sono da sempre pericolose, segnate da correnti improvvise, vortici e scogli invisibili. I marinai calabresi conoscevano bene questi pericoli e, nel tempo, hanno trasformato la paura in racconto, il racconto in leggenda, la leggenda in verità.
Per secoli, infatti, la Calabria ha custodito la memoria di Scilla e Cariddi nei canti popolari, nei proverbi, nelle storie raccontate la sera attorno al fuoco. Scilla diventava così una donna bellissima e crudele, capace di sedurre e distruggere. Cariddi, invece, era visto come un mostro nascosto nelle profondità del mare, che ogni tanto si svegliava per reclamare la sua preda. Questi racconti non erano solo fantasia, ma servivano a spiegare il mondo, a dare un senso ai pericoli del mare, alla lotta quotidiana per la sopravvivenza.
La letteratura calabrese ha saputo dare voce a questa eredità. Scrittori come Saverio Strati (1924-2014) hanno raccolto e trascritto le leggende popolari, restituendo alla Calabria la sua dimensione più antica e profonda. Nei suoi Miti, Racconti e Leggende di Calabria, Strati racconta la paura e la meraviglia che ancora abitano le coste dello Stretto, dove il confine tra realtà e mito è sempre sottile.
Anche Corrado Alvaro (1895-1956), nella sua Gente in Aspromonte, pur parlando della dura vita dei pastori e dei contadini calabresi, fa rivivere quello stesso senso di lotta contro forze più grandi dell’uomo. In fondo, Scilla e Cariddi sono presenti anche lì, sotto forma di povertà, di fatica, di emigrazione forzata. Non più mostri marini, ma problemi concreti che stritolano la vita di chi nasce in questa terra e deve scegliere se restare o partire, se resistere o cedere.
La Calabria, dunque, è molto più che una regione del Sud. È uno dei cuori originari della civiltà mediterranea, un luogo dove mito e storia si confondono, dove ogni pietra racconta un passato millenario. È terra di poeti, di leggende, di mare e di vento. Ed è anche terra di dolori antichi, di scelte difficili, di passaggi pericolosi, proprio come quelli affrontati da Odisseo.
Ancora oggi, guardando lo Stretto (senza ponte), si sente quel brivido che viene dal profondo del tempo. Le acque si muovono, le correnti si incrociano, i pescatori scrutano l’orizzonte con occhi pieni di rispetto. Il mito di Scilla e Cariddi non è finito: vive nei racconti, nei nomi, nelle anime di chi abita questa terra e sa che ogni passaggio è una prova, ogni viaggio una sfida, ogni ritorno un sogno difficile.
La Calabria, come anche Ulisse, naviga tra due forze opposte, cercando sempre una via, una luce, una salvezza. E in questo suo cammino c’è tutta la forza e la bellezza di una Terra che non smette di resistere.