Il Tesoro di Sant’Eufemia “lascia” il British Museum grazie al 3D

VIDEO | Trovato a Lamezia e venduto al museo londinese a fine Ottocento, torna ora disponibile a tutto il mondo grazie alla ricostruzione digitale fatta da un team di ricercatori indipendenti 

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di Tiziana Bagnato
13 maggio 2021
22:48

Per qualcuno è stato uno “scippo” ma in realtà la vendita del Tesoro di Sant’Eufemia al British Museum fu del tutto lecita. Ora però c’è la possibilità di goderne senza recarsi a Londra almeno in parte, grazie alla ricostruzione digitale in 3D che un gruppo indipendente di ricercatori ha fatto del pezzo più evocativo, il diadema.

Un lavoro quello elaborato da Francesco La Trofa, consulente e divulgatore delle tecnologie 3D, Gabriele Simonetta, designer esperto in modellazione 3D e Felicia Villella diagnosta, che ha conquistato la copertina della celebre rivista di settore Archeomatica e che si presta a nuove future prospettive.


Dalla digitalizzazione di tutto il tesoro all’inserimento nel Museo archeologico lametino della realtà aumentata. La ricostruzione digitale del diadema è stata possibile grazie alla sperimentazione di un approccio basato esclusivamente sull’impiego delle fonti indirette, coincidenti con immagini di archivio.

Il gioiello fa parte di quello che è considerato attualmente il più grande ritrovamento di oreficeria della Magna Graecia. Quello conosciuto oggi come il Tesoro di Sant’Eufemia venne rinvenuto a Lamezia, a Sant’Eufemia Vetere, nel 1865. Trent’anni dopo l’antiquario romano nelle cui mani nel frattempo il tesoro era approdato lo vendette al British Museum che già all’epoca ne captò l’importanza. Da allora non ha mai fatto ritorno in Italia, nella sua Calabria.

Nella sezione dedicata a Terina nel Museo Archeologico di Lamezia Terme ne sono esposte diverse foto, ma la lacuna si sente. Un vuoto che potrebbe essere ora virtualmente colmato grazie allo straordinario lavoro compiuto.

«L’obiettivo del lavoro – hanno spiegato i ricercatori - consiste nell’individuazione di un metodo che consenta di lavorare indirettamente sui reperti, sfruttando in prevalenza le immagini fotografiche già disponibili. La pipeline di lavoro comprende in gran prevalenza tecniche di elaborazione tridimensionale già utilizzate in altri ambiti. Si tratta di una complessità multidisciplinare finalizzata a semplificare sia tecnologicamente che economicamente la creazione di asset che potrebbero garantire ai musei molte nuove possibilità di studio e fruizione dei reperti».

Giornalista
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