Lorenzo Calogero (1910–1961) è una delle voci più intense e misteriose della poesia italiana del Novecento. Nato a Melicuccà, in provincia di Reggio Calabria, visse una vita segnata dalla solitudine e da una profonda inquietudine interiore, che si riflettono nella sua produzione poetica.

È un poeta sconosciuto a molti, ma apprezzato da intellettuali di tutto il mondo. I suoi testi sono, ad oggi, studiati da filologi e letterati, studiosi di letteratura italiana moderna e contemporanea.

Laureatosi in medicina, Calogero esercitò la professione solo saltuariamente, dedicandosi quasi esclusivamente alla scrittura. La sua esistenza fu contrassegnata da isolamento sociale e sofferenza psichica, culminata in una morte tragica, con il suo suicidio, avvenuto nel 1961.

Calogero è stato un poeta delicato, soave e raffinato, apprezzato anche da Eugenio Montale, il quale, in seguito alla scomparsa del poeta calabrese, disse di lui: "Egli non scriveva la sua poesia, la viveva".

I suoi testi presentano tematiche varie e non sempre sono comprensibili ad una lettura superficiale. Tra i temi c'è senz'altro "l' amore".

Per Calogero, l'amore è un'esperienza totalizzante e spirituale, spesso inaccessibile. Nei suoi versi, l'amore si manifesta come un'aspirazione alla bellezza ideale, un sentimento che trascende il corporeo per abbracciare l'assoluto. l'Amore è, per il poeta qualcosa di ineffabile. Questa concezione, per alcuni aspetti, si avvicina a quella dei poeti del "Dolce stil novo", dove l'amore è contemplazione e elevazione dell'anima e, non sempre, è possibile viverlo in maniera assoluta. Spesso rimane come qualcosa di estremamente desiderato, ma non avuto.

Una concezione vicina a quella leopardiana, in cui il poeta definisce l'amore come estremo inganno della vita: «amore amor di nostra vita ultimo inganno».

Tra le poesie di Lorenzo Calogero c'è "Erano rose d’inverno", nella quale incarna la delicatezza e la malinconia dell'amore non corrisposto. Le rose d'inverno, simbolo di bellezza fuori stagione, rappresentano un dono d'amore messo da parte, un gesto che rimane inascoltato. Il poeta si descrive come «felice che naufraga verso di te ora nel buio», esprimendo la gioia dolorosa di un amore che conduce all'oscurità. Alle tenebre assolute. Alla frantumazione del cuore. Al naufragio della vita. Alla morte dell'anima e del corpo.

La poesia di Calogero si colloca nel solco dell'ermetismo italiano, accanto a figure come Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo. Tuttavia, la sua opera si distingue per una maggiore introspezione e per una visione più cupa dell'esistenza. Il suo stile, definito "arabesco" da Leonardo Sinisgalli (1908-1981) si caratterizza per una musicalità che trascende le forme tradizionali.

Lorenzo Calogero ha strabordato poesia fino all'ultimo dei suoi giorni.

Sofferente e afflitto da depressione, tentò due volte il suicidio, nel 1942 e nel 1956. Il 21 marzo 1961, dopo giorni di isolamento, fu trovato morto nella sua casa di Melicuccà. Accanto al corpo, un biglietto recitava: «Vi prego di non essere sotterrato vivo». La causa della morte non fu ufficialmente chiarita, ma si ipotizza un suicidio o una morte dovuta a overdose di farmaci. La sua poesia, intrisa di dolore e ricerca di senso, rimane testimonianza di una vita dedicata all'arte e alla sofferenza.

Lorenzo Calogero rappresenta una delle voci più originali e profonde della poesia italiana del Novecento. La sua opera, segnata da una ricerca incessante del senso e da una tensione verso l'assoluto, merita di essere riscoperta e valorizzata per la sua capacità di toccare le corde più intime dell'animo umano.