La ricorrenza

Rigel, la nave scomparsa con il suo carico e i suoi segreti il 21 settembre 1987

A 20 miglia Sud-Est da Capo Spartivento, nel tratto reggino del mare Ionio, si inabissava un'imbarcazione poi al centro di numerose indagini sullo smaltimento illecito di rifiuti tossici e radioattivi. Indagò su quell'affondamento il capitano Natale De Grazia, morto in circostanze mai chiarite nel 1995.

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di Anna Foti
21 settembre 2021
11:25

Affondata dolosamente, come sancito da una sentenza di condanna per frode assicurativa, e mai cercata. Indagini condotte dalle procure della Spezia e di Reggio Calabria alcuni anni dopo alla ricerca di prove dell'impiego di navi per smaltire illecitamente nei mari calabresi scorie nucleari, avrebbero gettato anche sul carico ombre pesantissime. Eppure la motonave Rigel, battente bandiera maltese, di proprietà della Mayfair Shipping Company Limited, inabissatasi a 20 miglia Sud-Est da Capo Spartivento, nel tratto reggino del mar Ionio, il 21 settembre del 1987, non venne mai cercata. Partita da Massa Carrara e diretta a Limassol, nell'isola di Cipro, non arrivò mai a destinazione e l’equipaggio, tratto in salvo da una nave Jugoslava denominata Kral, fu fatto sbarcare in un porto della Tunisia. Alcuna avaria fu mai segnalata. Il suo nome coincide con quello della luminosa stella della costellazione invernale di Orione, figlio di Poseidone, dio del Mare, con il dono di camminare sulle acque. Ma questa è un'altra storia poiché la Rigel è invece colata a picco, inghiottita con il suo carico e i suoi segreti. Forse una delle tante navi dei veleni ancora oggi avvolte nel mistero.

Natale De Grazia, l'uomo che cercava il relitto

L'uomo che intendeva trovarla è che aveva acquisito, dall’ufficio Lloyd’s Register di Genova, le coordinate per individuare il punto preciso per recuperare il relitto e analizzarne il carico, il capitano di Fregata, Natale De Grazia, morì in circostanze sospette, il 13 dicembre del 1995, mentre si recava dalla Calabria alla Liguria per attività investigative legate proprio a queste indagini.


Elemento di spicco del pool ecomafie della Procura di Reggio Calabria, collaboratore del sostituto procuratore Franco Neri, il capitano De Grazia stava indagando scrupolosamente sulle presunte navi dei veleni e sui presunti traffici di rifiuti pericolosi nei mari calabresi. Fu colto da un infarto all'età di quasi 39 anni, lasciando la moglie Anna e i figli piccoli, Giovanni e Roberto. Ci vollero 17 anni prima che una perizia, resa nota nel 2013, spiegasse in modo chiaro che il capitano de Grazia non era morto improvvisamente e per cause naturali, come invece avevano accertato entrambi le perizie disposte all'indomani del decesso. Cause tossiche non erano più escludere ma non erano più accertabili.

Natale De Grazia aveva reperito le coordinate dell'affondamento e stava intuendo e ricostruendo le trame che si celavano dietro gli affondamenti sospetti di quegli anni, le connessioni tra traffico di rifiuti tossici e radioattivi e il traffico di armi e i collegamenti che legavano quell'unica nave affondata in quel giorno di settembre ad altre dal carico sospetto e forse pericoloso che scomparivano tra le onde. Lui avrebbe cercato la Rigel e l'avrebbe trovata ma fu fermato.

La fonte

Gli elementi utili alla ricostruzione di questa storia, che in realtà si lega a tante altre storie misteriose, sono contenuti nella relazione sulla morte dello stesso capitano di Fregata Natale De Grazia, approvata dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle Attività illecite connesse al Ciclo dei Rifiuti nel febbraio del 2013 e di cui furono relatori Gaetano Pecorella e Alessandro Bratti. La relazione molto articolata contiene i riferimenti alle indagini condotte dal capitano De Grazia, gli appunti e i resoconti della sua intensa attività investigativa, anche lontano dalla Calabria, per ricostruire quanto stava avvenendo anche nei mari calabresi. L'indagine reggina, tuttavia, venne archiviata nel 2000. Cinque anni dopo la sua morte avvenuta in circostanze mai chiarite.

Dall'Aspromonte al mare

Fu un esposto di Legambiente del 2 marzo 1994 a denunciare l’esistenza, in Aspromonte, di discariche abusive contenenti materiale tossico-nocivo e/o radioattivo, trasportato con navi presso porti della Calabria poco controllati e, successivamente, trasferito nelle caverne della montagna e con automezzi pesanti. Questo panorama investigativo ben presto si estese e l'attività di indagine avrebbe riguardato anche l’occultamento illecito di rifiuti radioattivi in mare, attraverso affondamenti dolosi messi a punto da organizzazioni criminali internazionali con la connivenza di organi istituzionali.

L'appunto del 30 maggio 1995 e le indagini reggine

In particolare, pregno di dettagli fu l'appunto che il capitano De Grazia trasmise al pm Neri il 30 maggio 1995 (doc. 681/32), a riepilogo dell’attività investigativa svolta, relativamente allo smaltimento di rifiuti tossico nocivi e/o radioattivi in mare. Fonti confidenziali acquisite dal coordinamento regionale di Brescia del Corpo forestale dello Stato, avevano rivelato che la Rigel affondata al largo di capo Spartivento aveva un carico materiale nucleare (uranio additivato). Nell'ambito di questa indagine fu condotta una perquisizione presso l'abitazione e l'ufficio dell'ingegnere Giorgio Comerio dove fu rinvenuta la documentazione relativa al progetto denominato O.D.M (Oceanic Disposal Management) che prevedeva l’affondamento di rifiuti radioattivi nel sottofondo marino con penetratori lanciati da navi. Un progetto legale poi mai avviato per le resistenze e le ritrosie di molti Paesi, e che però vi fu il sospetto che potesse essere stato praticato in modo illegale al fine di smaltire illecitamente rifiuti pericolosi.

La relazione pone opportunamente in evidenza che "gli elementi complessivamente raccolti in ordine ai singoli indagati ed in particolare a Giorgio Comerio evidentemente non sono stati ritenuti sufficienti a formulare precise accuse né nei confronti di Comerio né nei confronti degli altri indagati, tanto che il procedimento si è concluso con una richiesta di archiviazione accolta dal Gip".

Tra gli altri documenti rinvenuti in occasione della perquisizione anche altri appunti/ progetti preventivi relativi a navi che dovevano essere attrezzate, adattate o acquistate. Tra esse anche la motonave Jolly Rosso, spiaggiatasi in circostanze sospette ad Amantea, nel cosentino, il 14 dicembre 1990. Rinvenuta anche un'agenda con un appunto singolare e particolarmente significativo: proprio nel giorno 21 settembre 1987 si rilevava l’annotazione in lingua inglese "Lost in ship" recante un riferimento ad una nave perduta o alla perdita di qualcosa che fosse sulla nave, forse il carico. Forse.

Il mistero del carico

Dagli atti del processo per affondamento doloso, incardinato dinnanzi al tribunale della Spezia nel 1992 a carico degli armatori della Rigel, terminato con sentenza di condanna confermata nei successivi gradi di giudizio, emergeva che non si aveva conoscenza del carico effettivo della motonave Rigel tanto che venne richiesto il rinvio a giudizio della funzionaria doganale di Marina di Carrara per aver ricevuto una somma di danaro affinché omettesse di controllarlo.

Gli affondamenti nel Mediterraneo e le navi dei veleni

L'informativa del capitano De Grazia e del maresciallo Nicolò Moschitta, datata 25 maggio 1995, riferiva di altri 23 affondamenti nel Mediterraneo, sempre verificati con i dati dei registri Lloyd’s’: Aso, affondata il 16 maggio 1979 al largo di Locri carica con 900 tonnellate di solfato ammonico; Mikigan, affondata il 31 ottobre 1986 nel Tirreno con un carico di granulato di marmo, partita come la Rigel da Massa Carrara; Four star I, affondata il 9 dicembre 1988, forse al largo di capo Spartivento, nei pressi del punto di affondamento della Rigel; Euroriver di bandiera Maltese affondata nel mar Adriatico il 12 novembre 1991; Rosso di bandiera Italiana arenatasi in Calabria il 14 dicembre 1990 durante il viaggio da Malta alla Spezia. L'elenco che non finisce qui. Secondo un dossier di Legambiente, trasmesso alla Commissione gli affondamenti sospetti di navi, tra il 1979 ed il 2000, sarebbero stati 88 (doc. 117/30).

Le indagini di Natale De Grazia e quelle di Ilaria Alpi

Un filo rosso unisce la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994 a quella del capitano reggino Natale De Grazia. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin stavano conducendo in Somalia un’inchiesta sui traffici di scorie radioattive coperti da attività di cooperazione internazionale e sulle connessioni con il traffico di armi.
Proprio in occasione delle indagini della procura reggina emersero legami tra l’affondamento dell’imbarcazione Rigel del 21 settembre 1987 e con l’omicidio della giornalista del tg3 e l'operatore di riprese. Sempre durante una perquisizione a carico di Giorgio Comerio, Natale De Grazia aveva trovato il certificato di morte di Ilaria Alpi poi acquisito nel fascicolo d'indagine reggino, salvo poi essere sottratto e scomparire nel nulla.

"Fatto non meno significativo - si legge nella relazione della Commissione - è che risulta violato il fascicolo giudiziario che conteneva la documentazione relativa alle indagini che aveva svolto il capitano De Grazia e che era stato esaminato dalla procura di Reggio Calabria alla ricerca vana del certificato di morte di Ilaria Alpi, che lo stesso capitano De Grazia aveva sequestrato a Comerio: stando alle dichiarazioni del dottor Neri alla commissione, infatti, «delle 21 carpette numerate rinvenute, 11 erano prive di documenti»". Il plico era stato dunque manomesso e danneggiato.

Un mistero che resta fitto come quello che continua ad avvolgere le morti di Natale De Grazia, Miran Hrovatin e Ilaria Alpi, come quello il relitto della Rigel che non si volle trovare e di quei carichi pericolosi che forse giacciono da decenni in fondo al Mediterraneo.

Giornalista
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