L’antropologo Teti: «Vi racconto la mia giornata alla Sapienza con Lucano, icona per caso»

Il saggista e docente dell’Unical è stato il relatore della conferenza universitaria che ha ospitato l'ex sindaco di Riace accusato di favoreggiamento dell’immigrazione. Con lui è giunto all’Ateneo romano dove migliaia di studenti lo hanno accolto nonostante i bellicosi proclami dei militanti di Forza Nuova che avrebbero voluto impedirgli di parlare

di Enrico De Girolamo
14 maggio 2019
23:54
Vito Teti e Mimmo Lucano
Vito Teti e Mimmo Lucano

Interessante come un buco nero per un astrofisico. Il seminario tenuto da Mimmo Lucano alla Sapienza di Roma, è stato questo per Vito Teti, saggista calabrese e professore ordinario di Antropologia culturale dell’Università della Calabria. La conferenza era la quattordicesima di un ciclo seminariale che copre l’intero anno accademico. Routine universitaria che sarebbe rimasta nei curricula degli studenti e nella memoria dell’Ateneo, se Teti - relatore della giornata - a Roma non ci fosse andato con Lucano, l’ex sindaco di Riace. La sua presenza, annunciata da giorni, ha catalizzato l’attenzione dei media e della politica, compresa quella che si mobilita in strada dietro striscioni e slogan.

 


Da una parte i militanti di Forza Nuova, una cinquantina, che avrebbero voluto impedire di parlare al sindaco sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione, dall’altra migliaia di studenti, docenti ed esponenti della sinistra antagonista che lo hanno scortato fino alla Sapienza affinché tenesse la sua lectio magistralis. In mezzo, forze dell’ordine in tenuta antisommossa e camionette. Uno scenario che inevitabilmente richiamava alla memoria i fatti che in quegli stessi luoghi si consumarono nel 1968, durante la contestazione studentesca e gli scontri tra fascisti e antifascisti.

 

Un salto nel passato che Vito Teti ha vissuto con l’approccio di uno scienziato che ha le sue tesi da dimostrare e l’opportunità di farlo osservando un fenomeno unico e inaspettato. Una sorta di singolarità spazio-temporale, appunto, dove l’orizzonte degli eventi - quel limite oltre il quale neppure la luce sfugge alla forza di gravità - era rappresentato dal plasma incandescente di una politica nazionale che ha fatto di Lucano, suo malgrado, un’icona dell’accoglienza degli immigrati, uno spartiacque ideologico tra porti chiusi e porti aperti.


«Non si era mai registrata una tale affluenza di pubblico a questi seminari - racconta Teti, appena rientrato da Roma nella sua casa di San Nicola da Crissa, nel Vibonese -. Abbiamo rimarcato in tutti i modi la valenza scientifica della conferenza e abbiamo cercato continuamente di riportare la discussione sui temi della giornata di studio, cioè l’immigrazione extracomunitaria e il contestuale spopolamento dei piccoli centri. Ma inevitabilmente la platea chiedeva a Lucano un messaggio politico».
«Una giornata difficile ma bellissima», la definisce, dove alla fine ha prevalso la volontà di affermare l’autonomia e la libertà dell’Università.
«L’Ateneo non poteva accettare che qualcuno decidesse chi può o non può parlare – continua Teti – e di fronte a certi proclami dell’estrema destra il corpo docente si è compattato. Anche chi in un primo momento era scettico sull’opportunità di invitare Lucano, ha poi dimostrato unanimità nel condannare i possibili condizionamenti esterni».

 

Insomma, si può essere “con” il sindaco di Riace senza essere necessariamente di sinistra. Di questo Teti è convinto.
«Il modello Riace è nato per caso – spiega l’antropologo – nelle intenzioni inziali c’era solo la volontà di evitare lo spopolamento definitivo del paese, ristrutturare le vecchie case e costruire un futuro per i suoi concittadini. I migranti giunti a Riace hanno offerto questa opportunità, rivelandosi una risorsa importante per far rinascere il piccolo borgo, dimostrando che un certo tipo di accoglienza, in determinati contesti, è possibile».

 

Su quella esperienza, però, grava oggi un’inchiesta che ha costretto Lucano all’esilio in attesa del processo per le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione, associazione a delinquere, abuso d’ufficio e concussione. Chi gli crede è pronto a mettere la mano sul fuoco che, se “errori” sono stati commessi, sono stati fatti tutti in buona fede, senza alcun tornaconto personale, con l’unico obiettivo di accogliere i più deboli e far rinascere il suo paese.

«Chi non fa non sbaglia mai - afferma Teti - e Lucano è di quei calabresi che fanno, che non privilegiano, come molti altri, la sfera personale».
Le idee politiche del professore non sono un mistero. Nel suo passato ci sono due candidature al Parlamento, nel 1987 con il Pci e nel 2006 con il Pd, oltre a una breve esperienza come assessore provinciale alla Cultura, prima di lasciare quando capì che non avrebbe potuto fare la differenza come avrebbe voluto. Oggi spera in una sinistra pacifista, ambientalista e inclusiva.
«Lucano dovrebbe essere considerato una risorsa da tutta la sinistra - conclude -, se così non fosse sarebbe l’ennesimo errore madornale commesso dal Partito democratico. La solidarietà che ha ricevuto nonostante gli attacchi, il fatto che ad accoglierlo alla Sapienza ci fossero migliaia di persone dimostra ancora una volta che è capace di risvegliare le coscienze».

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