Cancellato il night stop da e per la Capitale in alcune giornate di novembre: è l'inizio di una nuova "ritirata" come per il collegamento con Linate?
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Reggio Calabria perde un altro collegamento chiave. Il volo serale ITA Airways da Roma Fiumicino, quello delle 21:45, non sarà operativo nei giorni 8, 15, 24 e 29 novembre. Una soppressione mirata, che priva la città dello Stretto di una delle tratte più utilizzate per i rientri giornalieri e, automaticamente, anche del primo volo del mattino successivo verso la Capitale, assente perché l’aereo non stazionerà più nella notte al Tito Minniti.
Non è la prima modifica. Già a fine ottobre ITA ha ridotto le frequenze con Milano Linate, passando da tre a una corsa giornaliera. Ora tocca alla Roma-Reggio, in una progressione che appare silenziosa ma sistematica. Le motivazioni ufficiali rimandano a ragioni operative e rotazioni di flotta. Ma nel frattempo, il baricentro dell’aeroporto reggino si sta spostando altrove.
L’operazione Ryanair – costruita su un contratto triennale finanziato con fondi pubblici – ha rivoluzionato l’offerta del Tito Minniti, portando nuove rotte, traffico e visibilità. Ma ha anche cambiato gli equilibri tra compagnie. Le tratte storiche, quelle di servizio quotidiano verso Fiumicino e Linate, hanno iniziato ad assottigliarsi. E se la Regione Calabria e la società di gestione Sacal hanno puntato tutto sulla low cost irlandese, la ex compagnia di bandiera si fa i conti – giustamente – in tasca ed evidentemente punta ad altro.
La cancellazione del volo serale da Fiumicino non è un evento isolato: è il sintomo di una fragilità strutturale. Reggio Calabria viene ancora connessa, ma sempre più a singhiozzo. E la scomparsa di una corsa serale – per quanto parziale nel calendario – sommata alla quasi sparizione delle frequenze su Linate, colpisce la fascia di utenza più fragile: lavoratori in trasferta, studenti, cittadini in cura fuori regione. Resta «lo stretto indispensabile», ma al tavolo di questo braccio di ferro tra Ita, Regione e Sacal rischiano di perderci tutti.
In questo scenario, la reazione politica è arrivata dal sindaco metropolitano Giuseppe Falcomatà, che parla di un «progressivo disimpegno» da parte di ITA Airways e chiama in causa la Regione e Sacal per chiedere «una strategia equilibrata» che non sacrifichi le tratte fondamentali sull’altare dell’accordo con un unico operatore. Ma il nodo che si apre è più ampio di qualsiasi polemica istituzionale.
Un aeroporto che perde le sue connessioni principali non è semplicemente meno servito: è meno centrale nella geografia civile del Paese. Ogni tratta che si riduce, ogni orario che scompare, sottrae un pezzo di accessibilità. E quando questa si trasforma in privilegio per pochi o in convenienza per chi gestisce i conti, ciò che salta è l’idea stessa di coesione nazionale.
Il Tito Minniti non può essere un’infrastruttura provvisoria, buona solo finché conviene. Le tratte verso Roma e Milano non sono voli “di lusso”: sono il minimo sindacale della mobilità per chi vive in una delle aree più isolate d’Italia e ha diritto di accedere, in tempi e modi certi, ai servizi, alle opportunità, alla vita pubblica.
Il rischio è evidente: costruire un modello aeroportuale basato su un solo vettore, per di più low cost e soggetto a logiche esclusivamente commerciali, può garantire traffico nell’immediato, ma lascia scoperto il futuro. Se ITA smette di investire e Ryanair decide, un giorno, di ridurre la sua presenza, cosa resta? E soprattutto: chi garantisce la continuità territoriale?
In gioco non c’è solo un volo, ma l’idea che i diritti di cittadinanza possano viaggiare alla stessa velocità da ogni parte d’Italia. Reggio oggi rischia di restare indietro non perché manchino i presupposti per una crescita, ma perché le scelte strategiche stanno cancellando ciò che dovrebbe essere garantito. E ogni volo che si ferma lascia a terra, un po’ alla volta, anche il diritto di esserci.

