I debiti di Reggio hanno affondato il Corap. Il consorzio regionale era destinato a fallire

VIDEO | In riva allo Stretto la situazione finanziaria dell’Area di sviluppo industriale era disastrosa: bilancio pieno di buchi e ben 39 dipendenti, quasi quanto tutte le altre province messe assieme. L’accorpamento delle vecchie Asi nel 2016 ha spalmato il passivo affossando anche gli insediamenti che funzionavano. Lavoratori pronti a scioperare e a rompere la tregua chiesta dal presidente Oliverio in attesa di una soluzione che però non arriva

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di Enrico De Girolamo
16 luglio 2019
09:26

Sono le vecchie Asi di Reggio Calabria e Cosenza ad aver zavorrato il Corap - il consorzio regionale per le attività produttive - tirandolo a fondo. Una fusione a freddo, quella che ha riguardato nel 2016 le Aree di sviluppo industriale su base provinciale, che ha seguito uno schema suicida: limitarsi a una somma aritmetica dei bilanci, così che i debiti di alcuni sono diventati i debiti di tutti. Basti pensare che nel 2015 la sola Asi di Reggio Calabria, quella messa peggio anche per l’abnorme numero di dipendenti (39 su un totale di 109 a livello regionale), faceva registrare debiti per oltre 38 milioni di euro, a fronte degli 11 milioni di euro di debiti registrati nello stesso anno dall’Area industriale di Cosenza.

Costo per il personale maggiore dei ricavi

Prendendo in considerazione soltanto due parametri - ricavi e costo del personale - dalla lettura dei bilanci emerge che nel 2015, l’anno precedente all’istituzione del Corap, le Asi reggina e cosentina con quanto incassavano non riuscivano a pagare neppure i propri dipendenti. In particolare, letteralmente disastrosa appariva la situazione in riva allo Stretto: a fronte di ricavi annui per 866mila euro, l’ente provinciale doveva sostenere un costo per il solo personale di 2 milioni e 800mila euro, con un saldo negativo di oltre un milione e 900mila euro. Più contenuto, invece, il deficit dell’Asi di Cosenza, che nello stesso anno ha fatto registrare una differenza negativa di 84mila euro, potendo contare su ricavi per 927mila euro a fronte del costo del personale di poco più di un milione di euro. Sempre con riferimento a questo unico parametro, che mette in relazione gli incassi con il costo del personale, se la passavano decisamente meglio gli altri insediamenti industriali calabresi, con quello vibonese che poteva contare su ricavi per circa 5,3 milioni di euro a fronte di stipendi da pagare per 1,6 milioni di euro e una differenza positiva, quindi, di circa 3,7 milioni di euro. Ricavi maggiori delle spese sostenute per il personale si registravano anche a Crotone (+ 2,7 milioni di euro) e a Catanzaro (+ 1,6 milioni di euro).


 

L'esposto alla Procura scritto ma non presentato

Il rapporto tra ricavi e costo dei dipendenti rappresenta solo una voce dei bilanci delle vecchie Asi, ma per sindacati e lavoratori sono la vera cartina di Tornasole che dimostra la fallimentare operazione messa in atto con la loro fusione e l’accorpamento nel 2016 nel Corap, istituito con decreto del presidente della giunta regionale il 29 giugno di quell’anno.
Che rappresenti un esempio estremamente esplicativo ne sono convinti anche i lavoratori del Corap di Crotone, che nei mesi scorsi erano sul punto di presentare un esposto alla Procura di Catanzaro, rimarcando le lacune del decreto di istituzione del consorzio (il Dpgr 115 del 115 del 29/06/2016), creato - si legge nella bozza della denuncia - «in modo imprudente e senza uno studio che consentisse di valutare a monte le conseguenze di tale atto». A dimostrazione di questa tesi, nel documento viene citato proprio il rapporto tra ricavi e costi del personale: «Da una veloce lettura di questa tabella è facile dimostrare che le Asi di Cosenza e di Reggio Calabria hanno portato in dote al Corap una situazione disastrosa, infatti con i ricavi prodotti dalle loro gestioni non erano in grado nel 2015 di coprire neanche il costo del personale. Si sottolinea che i Bilanci d’esercizio 2015 sono parte integrante del Decreto 115/2016 di istituzione del Co.R.A.P. e quindi nelle mani del Presidente della Giunta Regionale e dell’Ente stesso».

 

Fallimento scritto già alla nascita

La Regione, insomma, avrebbe avallato un’operazione fallimentare in partenza, proprio perché frutto della semplice somma di bilanci molto diversi tra loro, che avrebbe compromesso i conti di quegli insediamenti industriali che invece prima della fusione funzionavano, come appunto quello della città pitagorica, ora assediato dal degrado e dalla mancanza di servizi.
«Oggi - continua la denuncia che restò nel cassetto - l’Ente ha i conti ed i crediti più importanti pignorati, non riesce a pagare stipendi e fornitori come era facilmente prevedibile, gli stessi dipendenti in diversi interventi sulla stampa, con i sindacati hanno evidenziato invano tale situazione ma la presuntuosa politica ha fatto il danno togliendo il pane ed il lavoro ai dipendenti stessi. Per capire la situazione basti pensare che prima dell’accorpamento quando esisteva il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Crotone gli stipendi venivano pagati puntualmente, l’Ente pagava regolarmente i contributi ed ha sempre avuto il Durc in regola e con i fornitori non aveva mai avuto blocchi di forniture per morosità».

Dipendenti sul piede di guerra

Una situazione che nel corso degli ultimi mesi è ulteriormente peggiorata, esasperando i lavoratori ormai da cinque mesi senza stipendio. Un clima infuocato che non è stato stemperato neppure dall’impegno assunto recentemente da Oliverio, che ha definito prioritario salvaguardare i posti di lavoro. Una promessa alla quale i 109 dipendenti del Corap non credono, consapevoli che la natura privatistica del loro contratto, quello della Ficei (la federazione italiana dei consorzi e degli enti di industrializzazione), non li mette al sicuro dal licenziamento. Non sono, infatti, dipendenti pubblici, sebbene i loro contributi vengano versati all’ex Inpdap, né hanno garanzie sulla possibilità di essere trasferiti altrove, come ad esempio all’Aterp o all’Arpacal. In Calabria l’unico precedente di mobilità interna è quello che riguarda una dipendente reggina del Corap, che è riuscita a ottenere il trasferimento in un altro ente strumentale della Regione, ma solo dopo aver vinto una causa intentata per questo motivo.

Pronti a scioperare

In queste ore le rappresentanze dei lavoratori si stanno preparando a indire uno sciopero regionale che di fatto romperà la claudicante tregua che era stata chiesta dal governatore un paio di settimane fa, all’indomani della relazione del revisore unico del Corap, Sergio Tempo, che aveva tratteggiato una situazione senza rimedio, tanto da prospettare nel suo report anche possibili responsabilità penali in capo all’organo di amministrazione del consorzio per il mancato versamento di ritenute fiscali, previdenziali e Iva. Un grido d’allarme che il revisore unico aveva cominciato a lanciare già nel 2017, appena un anno dopo la fusione delle Asi provinciali, evidenziando sin da subito la disastrosa situazione dei conti.

Politica impotente

E a niente è servita anche la seduta della Commissione bilancio del Consiglio regionale, che ieri avrebbe dovuto affrontare il problema ascoltando sul tema l’assessore Maria Teresa Fragomeni e quello che ormai, anche nei verbali della Regione, viene definito “ex” direttore generale del Corap, Filippo Valotta, ormai dimissionario. Appena il tempo di constatare che mancava il numero legale e poi tutti a casa, che domani è un altro giorno.


Enrico De Girolamo

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