Lieto fine

Dopo la tendopoli, il contratto fuori regione: così 64 migranti escono dal ghetto di San Ferdinando

VIDEO | Il sindacalista Borgese racconta come si arriva all'assunzione a tempo indeterminato nel settore edile. L'impresa oltre a pagare il viaggio garantisce anche le spese per il vitto e l'alloggio 

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di Agostino Pantano
30 marzo 2022
15:15

«All’inizio incredulità ma poi solo tanta felicità». Entra ed esce dal municipio di San Ferdinando Rocco Borgese, segretario della Flai Cgil di Gioia Tauro, che, mentre completa la documentazione che serve ai migranti, descrive così l’emozione provata dai 64 ospiti della tendopoli assunti da un’impresa edile di Pescara. «Trentadue di loro sono già partiti – aggiunge – e un secondo viaggio in pullman lo stiamo programmando in questi giorni». Il sindacato ha curato anche la formazione del personale richiesto dall’impresa 2D Costruzioni.

«La ditta – aggiunge il sindacalista – assicura un contratto a tempo indeterminato da 1.300 euro al mese, sostenendo anche le spese del viaggio e dell’alloggio: per lavoratori che venivano sfruttati con paghe da 20 euro al giorno, è certamente un passo avanti decisivo per mettersi alle spalle una condizione di illegalità».


Borgese ha spiegato inoltre come domanda e offerta di lavoro si siano incontrati. «Siamo stati contattati dalla onlus reggina International House – prosegue – che aveva preso in carico la richiesta della ditta e, tramite l’attivazione dei corridori umanitari, abbiamo dato la nostra disponibilità. L’impresa si è trovata di colpo senza manodopera, non conosceva la realtà della tendopoli e non ha avuto esitazione ad accettare l’offerta».

Per il sindacalista il buon esisto della collaborazione interregionale conferma la volontà di insistere con la formula del “sindacato di strada” che porta ad una conoscenza pressochè diretta dei braccianti. «Questa è una storia concreta – conclude Borgese – che ci spinge a chiedere l’attivazione di modelli che svuotino la tendopoli attraverso la realizzazione di percorsi lavorativi reali che le istituzioni calabresi e gli organismi datoriali dovrebbero promuovere, anziché accontentarsi di riproporre altre strutture abitative che poi diventano ghetti».

 

Giornalista
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