Continuano le proteste contro il prolungamento del fermo biologico ora fissato al 30 novembre: «Intere famiglie senza un adeguato sostegno al reddito, ci sentiamo abbandonati». Ma la direzione della politica europea è chiara: la pesca a strascico presto verrà definitivamente bandita
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Doveva concludersi a fine ottobre, ma il fermo biologico per la pesca è stato prorogato fino al 30 novembre su decisione della Commissione europea, lasciando a terra decine di imbarcazioni vibonesi pronte a ripartire. Una doccia fredda per l’intera marineria di Vibo Marina, dove siamo tornati per raccogliere altre testimonianze su una misura che i pescatori considerano ingiusta perché «dall’oggi al domani» e che rischia di mettere definitivamente fuori in gioco il comparto. Un assaggio di quello che dovrebbe succedere entro il 2030, quando la pesca a strascico dovrebbe essere gradualmente vietata nei Paesi dell’Unione europee.
«È un decreto fatto ad hoc contro di noi – denuncia Antonio De Leonardo, storico pescatore del porto vibonese –. Lo stop doveva finire il 30 ottobre, ma il 26 è uscita una circolare che annunciava il possibile prolungamento. Noi eravamo pronti a ripartire, con le barche pronte e le spese già affrontate. Così invece ci hanno bloccato tutto. Le difficoltà per reperire equipaggio e sostenere i costi di gestione sono enormi». Le parole di De Leonardo descrivono bene il clima di angoscia e incertezza che si respira tra le banchine del porto. Molti armatori avevano investito risorse importanti per preparare le imbarcazioni alla ripartenza di novembre, contando sulla fine del fermo biologico per tornare a pescare merluzzi e altre specie stagionali.
«Investiti 20mila euro, e ci fermano di nuovo»
Tra loro anche Nicola De Leonardo, proprietario del “Paradise Secondo”, una delle imbarcazioni più grandi della marineria vibonese, oggi destinata alla demolizione proprio per l’impossibilità di sostenere le spese.
«Avevamo già investito 20mila euro tra carburante e contributi – racconta – e ci hanno bloccato con un decreto arrivato all’improvviso. Sappiamo che il mare va tutelato, ma non si può decidere in 24 ore. È una scelta fatta a tavolino, che penalizza chi lavora onestamente. Siamo fermi da un mese e mezzo, senza entrate. Le famiglie sono allo stremo». Secondo i pescatori, i ristori promessi non arrivano e, quando arrivano, si rivelano del tutto insufficienti. «Parliamo di poco più di 1.040 euro al mese – spiega Nicola – e c’è chi ancora aspetta i pagamenti del 2021 o del 2023. È un’elemosina, non un aiuto concreto».
I giovani senza futuro: «Senza lavoro non possiamo restare»
La crisi non risparmia neppure i più giovani. Mattia, 23 anni, ha scelto di seguire la tradizione di famiglia, ma ora confessa la sua amarezza: «Siamo fermi, senza agevolazioni e senza sostegni. Tre o quattro famiglie per barca non stanno andando in mare da settimane. Ci sentiamo abbandonati, nessuna associazione di categoria ci difende». Dello stesso avviso Fabrizio, un altro giovane pescatore: «L’Unione Europea dice che la pesca a strascico sarà completamente vietata dal 2030, ma secondo me è già finita. Paghiamo tasse e contributi senza lavorare. Se il Ministero non interviene subito, la pesca italiana fallirà e si favorirà solo l’importazione di pesce dall’estero».
«Noi vogliamo solo lavorare»
A Vibo Marina si moltiplicano le voci di protesta. Livio Gambardella, armatore di due imbarcazioni, tra cui una specializzata nella pesca del merluzzo, denuncia: «Da un giorno all’altro ci hanno fermato, e ora non so se potrò tornare in mare neppure a dicembre. Ho investito 160mila euro per costruire una barca nuova, con prestiti e cambiali. Non chiedo indennizzi: chiedo solo di poter lavorare». Accanto a lui, un altro veterano del porto, Adriano Gambardella, punta il dito anche contro i vincoli imposti nel Golfo di Lamezia: «Da vent’anni si parla di ripopolamento, ma intanto chiudono intere zone di pesca, da Capo Suvero a Capo Vaticano. Ci multano se passiamo in certe aree. È una situazione assurda».
Famiglie allo stremo e richieste di aiuto
Oggi, sulle banchine del porto, le barche restano ferme, alcune già deteriorate dalla lunga inattività. I pescatori continuano a sistemarle a proprie spese, nella speranza di poter tornare presto in mare. «Così non si può andare avanti – dice Domenico De Leonardo –. Chiediamo al Ministero di pagare subito i ristori e di aprire un tavolo di confronto diretto con noi, non con terze persone. Siamo noi che viviamo il mare ogni giorno». La proroga del fermo, decisa da Bruxelles e recepita dal governo italiano, punta ufficialmente a tutelare gli stock ittici del Mediterraneo, ma a Vibo Marina si traduce in disperazione e incertezza. «Il 30 novembre finisce il prolungamento – si chiedono i pescatori – ma chi ci garantisce che il primo dicembre potremo davvero tornare a lavorare?»



