Tra le province spicca il dato di Reggio Calabria, mentre Crotone registra una lieve flessione. Il report dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre
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Aumenta il numero delle esposizioni in sofferenza delle imprese italiane. Al 30 giugno 2025 le segnalazioni delle banche e degli intermediari finanziari alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia sono cresciute del 3,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le aziende in difficoltà sono quasi 122mila: 50.211 si trovano al Nord, 42.032 sono nel Sud e nelle Isole, e 29.725 si trovano nelle regioni del Centro Italia. Numeri in aumento dal 2023, secondo l’ultimo report dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, dopo la contrazione registrata nel periodo della pandemia. Si tratta, per la maggior parte, di attività riconducibili a lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e piccoli imprenditori che manifestano enormi difficoltà a rispettare le scadenze dei pagamenti di prestiti e finanziamenti. Sono a rischio insolvenza crediti maturati dalle banche per un valore complessivo di oltre 10 miliardi di euro.
La sofferenza bancaria in Calabria
La Calabria viaggia nelle posizioni di testa, al quarto posto dopo Valle d’Aosta, Campania e Toscana, con 4.012 aziende segnalate in sofferenza, il 7,8% in più. In un anno se ne sono aggiunte 290. La regione vale il 3,3% sul totale nazionale di imprese esposte. Tra le province italiane Reggio Calabria è al nono posto con 1.181 aziende in difficoltà, 138 in più (+13,2%) rispetto a giugno 2024. La provincia di Cosenza ha 1.370 imprese segnalate, 104 in più (+8,2), Catanzaro ne ha 772, 44 in più (+6%), Vibo Valentia 280, 14 in più (+5,3%). La provincia di Crotone registra invece un calo delle esposizioni pari al 2,4%: le imprese in sofferenza sono 409, 10 in meno rispetto al 2024.
Stop ai finanziamenti
Per le imprese la segnalazione ha conseguenze molto serie: chi finisce negli elenchi della Centrale dei rischi della Banca d’Italia non può accedere a nuovi finanziamenti. Di qui, secondo la Cgia, il rischio che per far fronte alle proprie necessità gli operatori economici facciano ricorso a «forme alternative al sistema bancario». Per l’associazione degli artigiani di Mestre «in moltissimi casi» non dipende da una «cattiva gestione finanziaria dell’azienda» ma «dall’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi». Le imprese falliscono e si perdono posti di lavoro.
La stretta creditizia alimenta il rischio usura
Trecentocinquanta miliardi in meno in 12 anni. Dal 2011 ad oggi si è registrato un crollo dei prestiti bancari alle imprese italiane. Nel 2016 la quota aveva toccato i suoi massimi con 1.017 miliardi erogati, scesi a 757,7 nel 2022. A settembre di quest’anno la stretta creditizia ha prodotto un ulteriore riduzione che, secondo la Cgia, ha portato a 667 miliardi i prestiti finanziati.


