Porto di Gioia, non si vive di soli container: il grido delle aziende dell’indotto

Le società che lavorano nel retroporto danno lavoro a un migliaio di persone ma lamentano la mancanza di una visione politica ed economica che vada oltre il transhipment

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di Francesco Altomonte
2 marzo 2020
16:32

«Non credo che qui a Gioia Tauro subiremo chissà quale calo per i problemi della produttività cinese dovuta al coronavirus. In questo momento non abbiamo dati, probabilmente gli effetti si vedranno solo tra qualche mese». La crisi delle aziende che lavorano nell’indotto al porto di Gioia Tauro è un fatto ormai cronicizzato.

 


Venticinque anni di inerzia

Per l’imprenditore Gualtiero Tarantino il probabile calo delle movimentazioni nel grande terminal calabrese, a causa del coronavirus, non è ancora visibile, ma per chi è abituato a confrontarsi con una realtà già difficile, la sguardo è rivolto ai problemi generali e non alla stretta attualità. «È da 25 anni che l’indotto è rimasto quello che era – sostiene Tarantino, proprietario della “Caronte & Tourist srl” – non siamo riusciti in questi anni fare qualcosa di diverso, non c’è mai stato un investimento serio e produttivo che consentisse ad andare oltre il transhipment»

 

Mondo sconosciuto, ma produttivo

È un mondo ai più sconosciuto, quello delle case di spedizioni, agenzie doganali e marittime, operatori logistici e aziende che operano nel retroporto di Gioia Tauro. Un mondo cresciuto all’ombra del terminal, ma che dà lavoro a un migliaio di persone e che lamenta una scarsa attenzione da parte della politica e una mancata visione di sviluppo che vada oltre la movimentazione dei container.

 

Gateway, milioni sprecati?

Il questa direzione, negli ultimi anni si è parlato molto della enormi possibilità di sviluppo che potrebbero dare al porto e al retroporto l’apertura dei gateway ferroviario e l’istituzione della zona economica speciale. La visione degli operatori dell’indotto, però, non è così rosea come è stata rappresentata fino ad oggi. «Per quanto riguarda il gateway ferroviario – sostiene l’imprenditore di Gioia Tauro – non credo che la filosofia di Msc (terminalista del porto ndr) guardi con attenzione alle ferrovie. Io credo che il gateway, opera costata alcune decine di milioni di euro allo Stato, resterà così per molti anni».  

 

Zone economica speciale

Anche sulla Zes il giudizio di Tarantino non è positivo: «Di Zes hanno parlato in questi anni come la risoluzione di tutti i problemi, non solo del retroporto ma della Calabria. Probabilmente, anche in questo caso si tratta di una di quelle invenzioni che non porterà nulla alla nostra terra». La speranza degli operatori di Gioia Tauro è che la Calabria cresca dal punto di vista economico e che si accorga di avere un porto. «Un primo passo per dare sviluppo all’indotto del porto di Gioia Tauro – conclude Tarantino - sarebbe la ripartenza dell’economia calabrese. Una scossa economica che potrebbe portare gli imprenditori calabresi a servirsi del nostro porto. Cosa che in questo momento avviene solo marginalmente».  

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