Pratiche scorrette di autopreferenza per conquistare e mantenere una posizione dominante nel mercato delle pubblicità online. Questa l’accusa di Bruxelles valsa al colosso informatico statunitense una mega multa da 2,95 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea queste pratiche sarebbero state adottate da Google fin dal 2014. Nel giugno del 2021 Bruxelles ha avviato un procedimento formale per possibile condotta anticoncorrenziale. Nel giugno del 2023 la Commissione ha inviato a Google una comunicazione degli addebiti mossi alla quale l'azienda ha risposto nel dicembre del 2023.

Gli strumenti del settore adtech

Google vende pubblicità sui propri siti web ed applicazioni e funge da intermediario tra gli inserzionisti che desiderano pubblicare i propri annunci online e gli editori (siti web e app di terze parti) che possono fornire tale spazio. Il gruppo fornisce diversi servizi di tecnologia pubblicitaria per la visualizzazione di annunci su siti web o app per dispositivi mobili, pc e ipad. Google gestisce due strumenti per l'acquisto di annunci pubblicitari: "Google Ads" e "DV 360". E gestisce un server pubblicitario per editori, "DoubleClick For Publishers" (DFP), ed un ad exchange "AdX".

L'indagine della Commissione

Bruxelles negli ultimi 5 anni ha rilevato che nello spazio economico europeo Google detiene una posizione dominante nel mercato dei server pubblicitari per editori con il suo servizio "DFP" e nel mercato degli strumenti di acquisto di annunci per il web con i suoi servizi "Google Ads" e "DV360".

La violazione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Gli articoli 102 e 54 del trattato vietano l'abuso di posizione dominante nello spazio economico europeo. La posizione dominante sul mercato non è, di per sé, illegale ai sensi delle norme antitrust dell'UE. Tuttavia, le imprese dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare della loro posizione di preminenza sul mercato limitando la concorrenza, né nel mercato in cui detengono la posizione dominante né in mercati separati.

Gli addebiti contestati a Google

La sanzione da 2,95 miliardi è stata comminata per due ragioni. La prima è che, secondo Bruxelles, Google avrebbe favorito il proprio ad exchange AdX nel processo di selezione degli annunci gestito dal suo ad server dominante DFP: informando in anticipo AdX del valore della migliore offerta dei concorrenti che avrebbe dovuto battere per vincere l'asta. Il secondo addebito mosso a Google è che il gruppo informatico avrebbe favorito il suo ad exchange AdX nel modo in cui i suoi strumenti di acquisto di annunci Google Ads e DV360 piazzano le offerte. Ad esempio, Google Ads evitava gli ad exchange concorrenti e presentava le offerte principalmente su AdX, rendendolo così l'ad exchange più appetibile. La Commissione europea ha concluso che tali condotte miravano intenzionalmente a conferire ad AdX un importante vantaggio competitivo.

Le possibili soluzioni

La Commissione ha chiesto a Google di mettere fine a queste pratiche di autopreferenza. Il gruppo informatico ha 60 giorni di tempo per informare la Commissione in merito alle misure che intende attuare e che saranno vagliate da Bruxelles per verificare se risolvono la questione. La Commissione ha già espresso la sua opinione preliminare secondo cui solo la cessione da parte di Google di una parte dei suoi servizi risolverebbe il conflitto di interesse con le conseguenze economiche e competitive che ne competono e che attualmente lo condizionano.

La replica di Google

Il colosso tech ha già annunciato che presenterà ricorso contro la decisione assunta dalla Commissione europea. «Si impone una sanzione ingiustificata e si richiedono modifiche che danneggeranno migliaia di aziende europee, rendendo più difficile per loro generare profitti» ha detto in una nota Lee-Anne Mulholland, vicepresidente e responsabile globale degli Affari regolamentari di Google. «Non c'è nulla di anticoncorrenziale nel fornire servizi ad acquirenti e venditori di pubblicità, e ci sono più alternative ai nostri servizi che mai».