La festa, i cori e l'esultanza per lo storico arrivo del Frecciargento a Sibari

VIDEO | Lavvento del convoglio nello scalo della Sibaritide è un fenomeno sociologico che può aiutare a capire come si sente un cittadino/contribuente abbandonato dal proprio Stato. In un paese normale, il passaggio del treno sarebbe avvenuto nella più totale indifferenza 

di Marco  Lefosse
16 settembre 2019
16:00
L’arrivo del treno a Sibari
L’arrivo del treno a Sibari

Meglio dei mondiali del 2006. Meglio dello sbarco sulla luna. Quasi meglio di tutto di quanto si è potuto vivere nello scorcio dell’ultimo ventennio nella “landa desolata (di servizi)” della Sibaritide. Gioia che con l’intensificarsi del rumore stridente delle ruote del treno sulle rotaie è diventata euforia. Euforia che, infine, con lo sbuffo di fermata del convoglio è diventata vero attimo di godimento. È così, con questo animo, con questi sentimenti che ieri sera più di un paio di centinaia di persone hanno accolto il primo, storico arrivo nella stazione di Sibari del Frecciargento.

Sfiammante e impettito, silenzioso e pieno di se. Un molosso di 26 metri, largo poco più di due e alto poco meno di quattro nella sua livrea di colore argento e rossa. Una normalità – forse anche passata - per altre parti del Paese, una novità assoluta per la Calabria del nord est.


L’attesa, l’arrivo, la festa 

Nel piccolo scalo di Sibari l’area che si respirava era quella di una prima cinematografica mondiale, quella che c’è prima di entrare ad un concerto degli U2. Tutti a scorgere verso sud, oltre il buio infinito dei binari, in attesa che i due occhi luminosi facessero capolino dall’ultima curva che immette nella prima corsia: quella riservata ai treni importanti. Silenzio. E qualche mormorio era subito zittito. Tutti erano in attesa, qualcuno anche dal primissimo pomeriggio. Oltre quella “linea gialla”, ieri sera a Sibari, c’era tutto il popolo fidente. E con loro anche il presidente della Regione, il Vescovo di Cassano Jonio, la deputazione parlamentare del Movimento 5 Stelle, i sindaci del territorio. Mancava solo la banda musicale, perché diventasse una vera e propria festa di paese, a corredo del tavolo da rinfresco che era stato posizionato appena sotto la campanella degli arrivi. Quella che con il suo incessante e penetrante suono ha scandito l’attesa nei 5 lunghissimi minuti precedenti alla comparsa del convoglio.

Minuti interminabili durante i quali, qualcuno, avrà pure pensato alla bufala colossale di un treno che di Frecciargento avesse solo il nome. Un po’ come accaduto con lo Swing a diesel che avrebbe dovuto sostituire le littorine lungo la ionica ma i suoi passaggi nelle nostre stazioni si sono contati sulla punta delle dita. E invece no. Alle 20.30, puntuale come un orologio svizzero, gli occhietti dell’ETR 600 si sono affacciati dalla curva e da lì, man mano che la luce della stazione illuminava la fusoliera lucida, veniva giù il mondo: applausi, urla di gioia, salti, abbracci e finanche qualche lacrima.

La Sibaritide ha finalmente il suo treno

La Sibaritide, la nuova grande Corigliano-Rossano (a proposito, senza la fusione forse nemmeno questo treno ci saremmo potuti permettere!), la Calabria del nord-est ha finalmente il suo treno veloce che l’accompagnerà a spasso per l’Italia in poche ore.

Tutto questo per un treno? Non in un paese normale 

Sì, tutto questo per un treno. In un paese normale sarebbe passato nell’indifferenza. In Calabria, nella piana di Sibari, invece no. Perché qui la normalità è una cosa straordinaria. E questa la dice lunga sulla fame di servizi che c’è da queste parti.

La gente che ieri era assiepata sui binari di Sibari – e ce n’era davvero tanta – potrebbe essere studiata come un fenomeno sociologico per capire come si sente un cittadino/contribuente abbandonato dal proprio Stato. La gente di Sibari è sintomatica di quanti investimenti ci sono ancora da fare tra Rocca Imperiale e Cariati, in quel triangolo di terra chiuso tra lo Jonio, il Pollino e la Sila greca, per mettersi al pari con l’Italia e con l’Europa. Dove non ci sono strade moderne, quando servirebbero come il pane. Non ci sono ospedali perché ci hanno infinocchiato con la storia che sono troppo costosi, eppure la dispendiosa emigrazione sanitaria (anche per un’unghia incarnita) qui è ai massimi storici ed il diritto alla salute è in fase emorragica. Non c’è giustizia, perché qui lo Stato ha detto che i tribunali potevano chiudere dal momento che non ne avevamo bisogno.

Un treno accordo di pace

Nonostante tutto, oggi, arriva un treno. Che non è solo un treno veloce ma rappresenta la firma di un accordo di pace tra i cittadini e la loro Patria. Un accordo di pace del quale, però, in molti sperano sia stata scritta solo la prima di tante altre condizioni affinché si eviti che questo territorio, uno dei più ricchi della Calabria in quanto a cultura, produzione e innovazione, continui la sua lenta agonia.  

 

   

 

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Giornalista
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