Oltre 6,3 milioni di cittadini del Belpaese vivono oltre confine. I nuovi dati Istat 2024 rivelano una crescita record, nuove mete preferite e un profilo degli emigrati sempre più sfaccettato. Scopriamo chi sono, dove vanno e perché il fenomeno rappresenta una ridefinizione della nostra identità nel XXI secolo
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L'immagine dell'italiano emigrato con la valigia di cartone è ormai un ricordo sbiadito, quasi romantico. Oggi, la mobilità dei nostri connazionali verso l'estero è un fenomeno complesso, dinamico e in continua accelerazione, plasmato da opportunità globali, ricerca di crescita e una profonda riscoperta delle proprie radici. A testimoniarlo sono gli ultimissimi dati ISTAT provvisori relativi al 2024, che dipingono una comunità italiana oltre i confini sempre più numerosa, con preferenze chiare per determinate città e Paesi.
Un esodo in cifre: la crescita record dell'AIRE
Le stime provvisorie ISTAT, aggiornate al 31 dicembre 2024, rivelano un quadro sorprendente: i cittadini italiani che dimorano abitualmente all'estero hanno raggiunto la cifra vertiginosa di 6 milioni e 382mila individui. Questo numero non è solo una statistica, ma rappresenta un incremento significativo di ben 243mila unità rispetto all'inizio dell'anno, segnando una crescita relativa del 4,0% in soli dodici mesi. Si tratta di un'impennata mai così netta negli ultimi anni, che racconta una realtà in profonda e rapidissima trasformazione.
Ma cosa spinge questa crescita? Principalmente due fattori. Le acquisizioni di cittadinanza italiana, che hanno superato le 121mila nel 2024, in aumento del 4,4% rispetto all'anno precedente. Molti di questi nuovi cittadini provengono per discendenza (iure sanguinis), con un picco nei Paesi dell'America centro-meridionale (Brasile e Argentina in testa, concentrando il 28,4% del totale delle richieste). A questo si aggiunge una vivace dinamica migratoria, con un saldo migratorio positivo di +103mila unità nel 2024, quasi raddoppiato rispetto al 2023. Infine, le nascite tra gli italiani all'estero (oltre 27mila) superano i decessi (oltre 8mila), contribuendo con un saldo naturale positivo di circa 19mila unità.
La nuova mappa della diaspora: Europa in testa, Sud America una sorpresa
L'Europa si conferma, come da tradizione, la meta prediletta per la maggior parte degli italiani che decidono di lasciare il Paese. Ospita oltre il 54% della comunità italiana all'estero, pari a più di 3,4 milioni di residenti. La vicinanza geografica, la facilità di spostamento e un contesto normativo e sociale spesso familiare (grazie all'Unione Europea) continuano a rendere il Vecchio Continente una scelta naturale e privilegiata.
Le Americhe seguono a ruota, accogliendo il 40,9% degli italiani emigrati, circa 2,6 milioni di persone. Più distaccate, ma comunque significative, le presenze in Oceania (2,7%), Asia (1,3%) e Africa (1,1%).
I Paesi con il maggior numero di italiani residenti sono: Argentina (987.000); Germania (847.000); Brasile (671.000); Svizzera (654.000); Francia (483.000); Regno Unito (455.000); Stati Uniti (336.000); Belgio (296.000); Spagna (280.000); Australia (157.000).
Tra le grandi metropoli, al primo posto per numero di connazionali troviamo Buenos Aires, capitale argentina e cuore pulsante di una delle comunità italiane più antiche e radicate. Seguono San Paolo in Brasile, metropoli cosmopolita dove il "portuñol" si mescola spesso a un "italiano di famiglia", e Zurigo, in Svizzera, meta privilegiata per i lavoratori italiani da decenni. In Europa spiccano anche Berlino, Monaco di Baviera, Londra, Parigi, Bruxelles, Barcellona e Lussemburgo, città in cui gli italiani si sono affermati in settori chiave come tecnologia, finanza, ristorazione, servizi e cultura.
L'aumento più significativo nel 2024 si è registrato proprio in Brasile (+53.000), in parte spinto dalle già citate acquisizioni di cittadinanza, seguito da Spagna (+30.000), Argentina (+29.000) e Regno Unito (+17.000). In termini relativi, la crescita più marcata si è avuta in Spagna, con un impressionante +11,9%.
Non solo “cervelli in fuga”: ecco l’identikit dell’italiano all’estero.
Il profilo degli italiani all'estero è più che mai eterogeneo e stratificato. Sebbene la maggioranza sia di sesso maschile (52%), nelle Americhe questo dato si riequilibra, riflettendo una migrazione più familiare, con intere generazioni che hanno mantenuto le proprie radici. L'età media di chi è nato in Italia e vive all'estero è di 55 anni; per i nati all'estero, invece, scende a 39 anni. Questo è un segno evidente del radicamento storico di alcune comunità, specialmente in Sud America, dove la discendenza è un fattore preponderante.
Infatti, solo il 30,8% degli iscritti all’AIRE è nato in Italia: la stragrande maggioranza è composta da figli o nipoti di emigrati, che riscoprono o consolidano il proprio legame con la patria d'origine. Basti pensare al Brasile, dove appena il 5% degli italiani residenti è nato effettivamente in Italia.
La spinta della nuova legge sull’obbligo delle iscrizioni all’AIRE e la sfida del rientro
Il saldo migratorio netto nel 2024 è stato di +103.000 persone, quasi il doppio rispetto al 2023. Parallelamente, un dato significativo: sono diminuiti i rientri in patria (53.000, -14,3%). A incidere su questa impennata delle iscrizioni AIRE è anche la nuova legge del 30 dicembre 2023 (n. 213), che impone l’obbligo di iscrizione all’AIRE entro 12 mesi dal trasferimento all’estero, pena sanzioni. Molti italiani hanno, quindi, regolarizzato la loro posizione solo recentemente, gonfiando inevitabilmente questi numeri.
Tuttavia, oltre la burocrazia, persistono dinamiche strutturali che meritano profonda riflessione. Una delle ragioni principali dell’aumento degli espatri è la persistente mancanza di opportunità lavorative adeguate in Italia, specialmente per i giovani e i professionisti altamente qualificati. Secondo recenti sondaggi, circa il 70% dei giovani italiani che lasciano il Paese cita come motivazione principale la difficoltà nel trovare un impiego stabile e coerente con il proprio percorso di studi e le proprie ambizioni.
Molti scelgono di trasferirsi all’estero attratti da salari più alti, contratti più stabili, possibilità di carriera e ambienti lavorativi meritocratici. In paesi come Germania, Regno Unito, Svizzera o Paesi Bassi, i professionisti italiani vengono spesso apprezzati non solo per le loro competenze, ma anche per la flessibilità culturale e l’approccio creativo alla risoluzione dei problemi.
Il risultato è un’emorragia di capitale umano prezioso che impoverisce il tessuto economico e sociale italiano. A fronte di un invecchiamento demografico crescente, la perdita di giovani talenti rischia di compromettere la sostenibilità a lungo termine del nostro sistema produttivo e previdenziale. Nonostante la narrazione ufficiale spesso punti sul "rientro dei cervelli", i numeri dimostrano una realtà opposta: l’Italia continua a esportare giovani formati senza riuscire a trattenerli. Una vera inversione di tendenza richiederebbe politiche strutturali audaci che mettano al centro lavoro dignitoso, innovazione, inclusione e un'effettiva attrattività del sistema-Paese.
L’identità italiana nel mondo è più che mai dinamica, moderna e sfaccettata. Accanto alle grandi comunità storiche, si affermano nuove presenze legate a motivi di studio, lavoro e mobilità europea. Una diaspora che non smette di evolversi e che, anno dopo anno, ci racconta un'Italia che va, che cambia, ma che non dimentica le proprie radici e il suo inestimabile valore globale.