La cittadinanza a Gratteri e la politica vibonese senza vergogna

Il Consiglio comunale di Vibo per la cittadinanza onoraria al procuratore di Catanzaro e l’encomio ai carabinieri dopo l’inchiesta Rinascita-Scott che però mette a nudo pure le collusioni degli stessi politici con la ‘ndrangheta

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di Giuseppe Baglivo
16 giugno 2020
16:51
Il comune di Vibo Valentia
Il comune di Vibo Valentia

E il trionfo dell’ipocrisia è servito…! A Vibo Valentia e dintorni si continua a nascondere la polvere sotto il tappeto, sperando nessuno si svegli dal “letargo” e magari si accorga che così proprio non va. L’ultima “pregevole” opera di ipocrisia arriva dal Consiglio comunale di Vibo Valentia che ieri ha proposto il conferimento della cittadinanza onoraria al procuratore capo di Catanzaro e della Direzione distrettuale antimafia, Nicola Gratteri, oltre all’encomio solenne ai carabinieri. Motivazione? L’aver portato a termine la storica operazione antimafia denominata “Rinascita-Scott”, scattata nel dicembre scorso e che vede indagate oltre 400 persone. Bene, anzi benissimo. Il problema nasce però – ed è evidente quanto una “montagna” – laddove non si tiene per nulla conto delle dichiarazioni dello stesso procuratore Gratteri e si fa finta di non aver letto nulla degli atti dell’inchiesta e degli articoli di stampa a più riprese pubblicati anche dal sottoscritto. Cosa aveva infatti detto il procuratore Nicola Gratteri all’indomani della storica operazione antimafia? Semplice: “La società civile si riappropri degli spazi lasciati liberi grazie al nostro blitz. I cittadini perbene isolino le mele marce e riacquistino i propri spazi”. Tutto a posto? Neanche per sogno. Il Consiglio comunale di Vibo Valentia che ora propone la cittadinanza onoraria a Nicola Gratteri è lo stesso che annovera fra le sue fila ben 7 consiglieri comunali direttamente richiamati nelle inchieste antimafia (di cui 5 proprio in Rinascita-Scott e due nell’inchiesta Rimpiazzo contro il clan dei Piscopisani) ed altri due indirettamente (fra cui un assessore) per parentele con soggetti accusati dai collaboratori di giustizia oppure indagati per mafia nell’inchiesta Rinascita-Scott. Ed ancora: il Comune di Vibo Valentia è lo stesso che vede indagati ben cinque dipendenti comunali nell’inchiesta Rinascita-Scott, fra cui l’ex comandante della polizia Municipale Filippo Nesci, e Giovanni Giamborino, quest’ultimo fra i principali indagati (è stato arrestato) dell’intera inchiesta e ritenuto uomo di fiducia del boss Luigi Mancuso. 

 


L’inchiesta “Rinascita-Scott” è anche la stessa, del resto, nella quale per la prima volta viene evidenziato dagli inquirenti il “livello di infiltrazione del clan Lo Bianco sul Comune di Vibo Valentia”. Infiltrazioni e rapporti “scomodi” che per gli investigatori partono dall’amministrazione guidata dall’allora sindaco, Nicola D’Agostino, attraversano la precedente amministrazione del sindaco Elio Costa ed arrivano sino all’attualità ed all’amministrazione del primo cittadino Maria Limardo. 

Non bisogna dimenticare, fra l’altro, che proprio all’indomani dell’operazione “Rinascita-Scott”, il precedente presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Muratore (di Forza Italia), si è dimesso. «Non me la sento più di andare avanti. Quello che emerge dall’ultima inchiesta – aveva dichiarato pubblicamente Muratore – è un quadro allarmante che riguarda anche il nostro Comune di Vibo». Muratore si è dimesso pure dall’incarico di semplice consigliere comunale. 

La “ciliegina” sulla torta di una situazione a dir poco paradossale è data, da ultimo, dalla revoca della sospensione dalla carica di consigliere comunale di Alfredo Lo Bianco ad opera del prefetto di Vibo Valentia, Francesco Zito. Alfredo Lo Bianco è stato arrestato (domiciliari) nell’inchiesta “Rinascita-Scott” per il reato di scambio elettorale politico mafioso con il fratello Orazio Lo Bianco, quest’ultimo fra i principali arrestati (carcere) dell’intera inchiesta. Dai domiciliari Alfredo Lo Bianco (Pd e nella precedente consiliatura vicino al centrodestra) è poi passato al divieto di dimora a Vibo Valentia, ma tale ultimo provvedimento è arrivato in piena emergenza coronavirus quando vigeva il divieto di spostamento in un comune diverso da quello di residenza e da qui il nuovo provvedimento del gip di obbligo di dimora a Viboora revocato e da qui il ritorno in Consiglio comunale.

 

Si dirà: ma la legge è legge ed il prefetto non ha fatto altro che applicarla.Vero, verissimo. Ma la legge consente e permette alle Prefetture anche l’invio delle Commissioni di accesso agli atti negli enti locali in cui si paventa un’infiltrazione – come sottolineato in Rinascita-Scott – della criminalità organizzata. Si obietterà: “ma l’amministrazione Limardo è stata eletta solo nel maggio dello scorso anno…”! Anche in questo caso tutto vero, anzi verissimo. Ma i 7 consiglieri comunali direttamente richiamati nelle inchieste antimafia non finiscono per caso per svilire il prestigio e l’immagine esterna che un ente locale – in questo caso il Comune di Vibo Valentia – minando quella credibilità che un’istituzione deve pur sempre conservare? E non stiamo parlando di fatti di poco conto, tralasciando il fatto che il Comune di Vibo dovrà costituirsi parte civile nel procedimento Rinascita-Scott che vede indagato anche il consigliere comunale Alfredo Lo Bianco, difeso – nelle vesti di avvocato – al momento da altro consigliere comunale (Stefano Luciano).

 

C’è poi il consigliere comunale accusato dal pentito Moscato di aver ricevuto i voti dal clan dei Piscopisani, altro consigliere intercettato al telefono il 25 novembre 2014 con Benito La Bella (fra i principali indagati dell’inchiesta “Rimpiazzo”) a discutere di questioni finanziarie, altro consigliere di Forza Italia intercettato mentre dialoga amorevolmente con un imprenditore arrestato per mafia nell’inchiesta Rinascita, altro consigliere direttamente imparentato con esponenti della “famiglia” Barbaaltro consigliere a cui i collaboratori di giustizia accusano il padre come colluso con i clan ed infine un assessore cognato di un indagato per mafia in Rinascita.

C’è infatti un capogruppo in Consiglio comunale che è stato intercettato mentre discute della geografia mafiosa di Vibo e provincia (oltre che della lupara bianca ai danni di Nicola Lo Bianco) con il defunto boss, Carmelo Lo Bianco (“Sicarro”), entrambi invitati al matrimonio del figlio di un personaggio di spicco del clan Barba. Altro capogruppo in Consiglio è stato invece intercettato mentre discute di mercati e mercatini – nella precedente veste di assessore – con colui che viene indicato come il capo ‘ndrina di Vibo Marina in Rinascita-Scott.

Se poi si prende il decreto di acquisizione atti al Comune della Guardia di Finanza – su delega del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo – si scopre facilmente che nel mirino degli investigatori ci sono le gare d’appalto indette dal Comune di Vibo Valentia, gli affidamenti, le strutture sportive, le strisce blu, i migranti, il verde pubblico e i rapporti con ditte e società. L’acquisizione di copia degli atti di “palazzo Luigi Razza” copre un arco temporale che arriva sino al 25 settembre 2019, quando quindi l’attuale amministrazione comunale era già insediata da quattro mesi. Da ricordare, inoltre, che in tale inchiesta – come si evince proprio dal decreto di acquisizione atti – vengono ipotizzati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravate dal metodo e dalle finalità mafiose.

In questo quadro – tralasciando volutamente altre inchieste giudiziarie che coinvolgono stretti congiunti di altri consiglieri comunali di Vibo (vedi la recente inchiesta “Waterfront” della Procura di Reggio) – il Consiglio comunale di Vibo propone la cittadinanza onoraria a Nicola Gratteri ed al tempo stesso si appresta ad accogliere l’ingresso in Consiglio (fra il plauso del Pd ed il silenzio di Forza Italia) dell’indagato Alfredo Lo Bianco che oltre ad essere fratello di Orazio Lo Bianco (in carcere) è pure nipote per parte di madre del defunto boss di Vibo Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”, indicato nelle sentenze quale capo assoluto del clan Lo Bianco sino al suo omicidio avvenuto a Pizzo Calabro il 23 settembre 1988. E chissà che Alfredo Lo Bianco non presenzi al conferimento della cittadinanza onoraria a Gratteri ed all’encomio solenne ai carabinieri…

 

La politica nel Vibonese e le infiltrazioni dei clan in altri Comuni della provincia. Non migliore la situazione in alcuni centri del Vibonese ed in particolare lungo la fascia costiera che va da Nicotera a Parghelia, tralasciando Briatico e Pizzo Calabro, con tali ultimi due centri i cui organi elettivi sono stati sciolti proprio per infiltrazioni mafiose. Ma proprio alla luce dell’inchiesta Rinascita-Scott e soprattutto dei precedenti decreti di scioglimento per infiltrazioni mafiose dei Comuni di Nicotera e Tropea, c’è da chiedersi: solo Pizzo Calabro andava – giustamente – commissariato e sciolto? In tale fascia costiera – che include anche Joppolo e Ricadi – a leggere le carte (i decreti di scioglimento di Nicotera, Joppolo, Ricadi, Tropea, Parghelia, oltre alle ultime inchieste) si trova davvero di tutto. Amministratori (fra sindaci e assessori) in carica che facevano parte di Consigli comunali o amministrazioni sciolte per mafia nelle vesti di consiglieri di opposizione oppure di assessori, e sono tutti citati per parentele e legami compromettenti nei decreti di scioglimento dei precedenti organi elettivi; assessori con i padri i mariti pluripregiudicati; consiglieri comunali cugini dei boss del paese; centri come Zungri dove la Dda nell’inchiesta Rinascita ha scritto espressamente di “condizionamenti mafiosi nella vita istituzionale dell’amministazione comunale”. Dulcis in fundo, ci sono Comuni – come Joppolo – dove a guidare un escavatore per i lavori comunali sul lungomare di Coccorino (poi devastato) è stato beccato un mafioso del clan Mancuso.

A fronte di tutto ciò (e tralascio volutamente altri centri dell’entroterra di cui pure ho scritto in passato), dopo l’operazione Rinascita-Scott è stato commissariato per infiltrazioni mafiose il solo Comune di Pizzo. Non resta che attendere, dunque, l’evolversi degli eventi e, probabilmente, anche tempi migliori. Per intanto va in scena il Consiglio comunale di Vibo che da un lato premia Gratteri ed i carabinieri e dall’altro lato non si accorge di quanto proprio nelle inchieste antimafia è contenuto sui componenti del civico consesso. Benvenuti a Vibo.

 

 

Giornalista
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