2022: Utopia nello spazio. Revenge of Lazarus
A causa del Covid gli ultimi due anni hanno introdotto nei nostri dizionari una parola inquietante: prudenza. Bisognerebbe coniare un nuovo termine per noi disperate dopodiché tornare a vivere. E vivere significa rischiare
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Musica, feste, canti, balli. Ciò che più di tutto si è portata via questa nuova ondata di psicosi in realtà sono i buoni propositi. Nessuno che voglia aprirsi un chiosco d’angurie su una spiaggia tropicale, fare meditazione tra i monaci buddisti, una rapina con spaccata alla Banca centrale. Il sano delirio è ormai materia prima introvabile come i reagenti. (Sopravvive solo quello patologico)
Gli ultimi due anni hanno introdotto nei nostri dizionari una parola inquietante: prudenza. E mettere da parte qualsivoglia migliore (leggi peggiore) intenzione ne è stata naturale conseguenza. Galleggiamo in acque talmente imprevedibili che persino farneticare ci sembra una perdita di tempo. Tempo che in realtà avremmo in abbondanza visto che, a parte arrivare a fine giornata e parlare di Covid, ci resta poco da fare.
Nei discorsi d’inizio anno degli italiani sono scomparse persino le diete immaginare da iniziare lunedì non meglio identificati. La guerra al carboidrato è rimandata a pandemia finita.
Ma se abbiamo perso pure l’illusione di dimagrire che ci resta da sperare in quest’anno appena nato e che già vorremmo morto?
Povero 2022, un innocente venuto al mondo con peccato originale. Il capro espiatorio di ogni nostra frustrazione. Mai visto un neonato cosi inviso e additato di colpe non proprie. L’anticristo che attendevamo perché quando i tempi si fanno difficili, finiti gli eroi, serve un messia. Non importa quale.
Bisognerebbe tornare lucidi, anzi, per restare in clima mistico, caritatevoli e assolvere i mesi prossimi da crimini ancora non commessi. Quindi, avanti tutta con le chetogeniche, le paleolitiche, la dinner cancelling, gli abbonamenti in palestre in cui mai metteremo piede. Torniamo a comprare biglietti di lotterie che non vinceremo e via livera ai messaggi di buon anno ad ex che (se fortuna ci assiste) nemmeno ci visualizzeranno. Questa vita fa schifo, è vero, ma qui tocca azzardare. Del resto, non tutte le sciagure vengono per nuocere. A breve, ad esempio, assisteremo all’avvento di una nuova corte di miracolati che già scalpita nelle stalle per mettersi al galoppo alla conquista dei cuori di noi penitenti in clausura: sono gli asintomatici della Omicron entrati in quarantena ronzini ed usciti per mistero della fede stalloni. Tre dosi, virus, negativi: cosa desiderare di più in un uomo? Soldi, macchine, super dote? Macché! È la rivincita di Lazzaro! (Chi glielo avrebbe mai detto? Chi ce l’avrebbe mai detto?)
Morale della fabula? Bisognerebbe coniare un nuovo termine per noi disperate dopodiché tornare a vivere. E vivere significa rischiare. Non di contagiarci, se possibile, ma di ammalarci di nuove utopie. Perché desiderare cose realizzabili tra tutti i mali sarebbe il più incurabile. Incurabile come uno negativo al tampone che si sente bonissimo.
Felice anno nuovo!
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