La recensione

“Al nuovo gusto di ciliegia”, la serie che voleva essere Twin Peaks

Il nuovo horror a puntate targato Netflix ha una trama confusionaria e debole. Qualcuno ha tracciato un parallelo con il cult di Lynch del 1990, ma i mostri che animano questo incubo non hanno la forza di quelli che abitavano il diario di Laura Palmer

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di Carla Monteforte
7 settembre 2021
13:45

Non è una serie per gattare “Al nuovo gusto di ciliegia”, sebbene il nuovo horror a puntate targato Netflix abbia come protagonisti streghe e felini (ma siccome non si fa spoiler non diremo il perché). E non è nemmeno esattamente un horror, a dispetto delle intenzioni, questa storia in 8 episodi ambientata nella Los Angeles degli anni ’90 in cui i sogni di Lisa Nova fanno un frontale contro il marciume di Hollywood.

Una regista emergente propone un corto a un produttore sul viale del tramonto che se ne appropria. Il resto è vendetta, maledizioni e esoterismo. Morti viventi, demoni, megere, rospi, carcasse e viscere animali, nella pellicola c’è veramente di tutto. Troppo. Tranne la musica, grande assente per quasi tutta la storia che manca di suspense, nonostante un’ambientazione modestamente suggestiva e il fascino di taluni personaggi mai però totalmente convincenti a causa di una trama confusionaria e debole. Un pentolone di ingredienti grande come quello usato da Boro, la suprema, per le sue pozioni che non creano magia nella serie.


Qualcuno, probabilmente sotto effetto di allucinogeni, ha parlato di un nuovo Twin Peaks ma i mostri che animano questo incubo non si avvicinano minimamente a quelli, leggendari, che abitavano il diario di Laura Palmer: non ne hanno la forza, la psichedelia, non disturberanno i sogni né resteranno scolpiti in eterno nell’immaginario degli adolescenti come quelli sprigionati dalla lente di Lynch nel 1990. Tirando all’estremo le forzature, e gli psicotropi, qualche strada potrebbe evocare Mulholland Drive e la locandina cita la scena epica della ciliegia di Audrey Horne ma bisognerebbe davvero stare sotto Peyote, come l’attrice del corto della discordia, per vedere nelle visioni di questo thriller (?) il fuoco che camminava intorno alla morte della reginetta di bellezza il cui ritratto resta indelebile a più di 30 anni dalla sua scomparsa poiché inarrivabile.

Sicuramente una critica feroce all’industria dell’intrattenimento, molestie sessuali incluse – e qui toccherebbe una digressione sul MeToo a cui casualmente o maldestramente la serie strizza l’occhio – ma se voleva essere un trip, di certo non fa viaggiare.

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