La recensione

Anatomia di uno scandalo. Anche i (maschi) ricchi piangono?

L’ultimo legal drama di Netflix è un pudding di femminismo, patriarcato e privilegiati. Altro che niente sesso siamo inglesi!

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di Carla Monteforte
27 aprile 2022
14:30

Per gli appassionati di sexgate “Anatomia di uno scandalo” è la soluzione alle domeniche di hangover. Poco impegnativo nonostante graviti in territori minati come cultura dello stupro, femminismo e patriarcato. Soprattutto perché i protagonisti dell’ultimo legal drama targato Netflix sono piacevolmente odiabili quanto i personaggi di un romanzo in costume. Sono più che maschi, bianchi e privilegiati: sono inglesi. Ed il costume è quello di Her Majesty's Government.

Epicentro del terremoto legale e mediatico su cui si basa la vicenda - tratta dal successo letterario di Sarah Vaughan e diretta da David E. Kelley - è Downing Street: la relazione extraconiugale tra un ministro (per giunta tory) e una dipendente arriva ai tabloid. Ma la scappatella è la punta di un iceberg che nasconde nefandezze ben più deprecabili di un affair in ascensore con una sottoposta, occultati dalla facciata insospettabile eretta sulle fondamenta dello status sociale che perpetua ingiustizie mantenendo impuniti i predestinati.


Più che di uno scandalo è l’anatomia del privilegio. Si racconta la violenza sessuale dal doppio punto di vista: quello delle vittime e quello degli aggressori. Il nodo centrale è il consenso che da parte dell’accusa non è soggetto a interpretazioni mentre da parte della difesa ha contorni labili. Si sfiora anche la questione del victim blaming: la colpevolizzazione della vittima o, meglio, il processo alla vittima (invece che all’accusato). L’interrogativo più spinoso - della fiction e della storia del gender gap - è: una donna ha diritto ad un ripensamento nel mezzo di un rapporto sessuale o una volta iniziato si estingue ogni possibilità di cambiare idea e tirarsi indietro?

La miniserie si occupa di argomenti impegnativi scadendo spesso in toni da teen drama ma mette luce temi interessanti come la differente percezione dei soprusi anche tra generazioni non troppo distanti anagraficamente.

 Un no è un no e un abuso è un abuso solo che la consapevolezza di questa enormità è recentissima. Come alcune evoluzioni del diritto delle donne che sembrano consolidate ma sono giovanissime (e tuttora vengono messe in discussione), del resto.

Le giovanissime sono (per fortuna) molto più coscienti del significato di autodeterminazione e di violenza rispetto a chi le ha precedute. Questo è probabilmente il tratto più notevole rilevato dalla serie che per il resto si regge sulla forza dei trench di Sienna Miller. Favolosa come non mai anche mentre scopre che la sua vita è una farsa ed incedendo sulle sue macerie trova riscatto ad un’esistenza one step behind.

Da guardare d’un fiato sotto un plaid tartan ricordando sempre: God save the queen. (And smash the patriarchy!)

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